sabato, settembre 19, 2020

I'm Live. Cronache dall'oltrecovid: Andrea Laszlo De Simone (Torino, 3 settembre 2020)


A volte anche i numeri a singola cifra appaiono enormi. Così è stato il 3 settembre, quando i nove membri della truppa di Andrea Laszlo De Simone sono saliti sul palco di Combo, fortino istituzionale dei live torinesi nell'estate del Covid. Meritano di essere snocciolati: il timoniere De Simone (voce e chitarra), Damir Nefat (chitarra), Daniele Citriniti (basso), Filippo Cornaglia (batteria), Zevi Bordovach (tastiere), Anthony Sasso (tastiere), Stefano Piri Colosimo (tromba), Giulia Pecora (violino) e Clarissa Marino (violoncello). L'enfasi è dovuta a una verifica dell'agenda: il 2020 era nato rumoroso e affollato, con la sonorizzazione di Greed per quattro chitarre, una batteria e un sax al Cinema Massimo e la tempesta elettrica dei Calibro 35 a Hiroshima Mon Amour (il 20 febbraio, la sera di Codogno). Poi c'è stato il blackout, da cui siamo riemersi con palchi ridotti e affannati: capienze, timori ed economie impongono concerti in solo, in duo, in trio. Laszlo ha scelto la via opposta: poche repliche, ma con tanti musicisti. «Anche perché un concerto ha senso solo se riesco a riprodurre ogni nota degli album», mi ha scritto in un'intervista prima di Combo. Da un anno l'oggetto privilegiato delle sue riproduzioni è Immensità, suite da 25 minuti che ha fatto impazzire i francesi e che – a dispetto del titolo – sta come un topolino al fianco del mammut che l'ha preceduta: Uomo Donna, 77 minuti. In scaletta le due opere sono messe una dopo l'altra, quasi come in un programma di classica: si decolla con i quattro movimenti di Immensità, che sembrano scritti per essere ascoltati su un prato, di notte, vogando tra le stelle senza tentare di spiegarle; quindi si sciolgono le briglie con Sogno l'amore, Vieni a salvarmi e le altre scorribande che ci ricordano l'irresistibile psichedelia di Uomo Donna. Sono belli da vedere, i nove sul palco: un po' come erano gli Arcade Fire e come saranno sempre i Radiohead. Ancor di più, all'alba del lungo autunno.