Da un po' di tempo i Led Zeppelin stanno distribuendo versioni deluxe dei loro album. A febbraio, in occasione del 40° anniversario dall'uscita originale, è toccato a Physical Graffiti. Tra le bonus track della ristampa c'è anche Brandy & Coke, una versione alternativa di Trampled Underfoot che in questi giorni è accompagnata su Internet da un video interattivo. Lo trovate sul sito ufficiale della band, ma potete provarlo anche qui sotto: cliccate su una finestra per vedere cosa succede dentro al palazzo e poi, man mano che la canzone va avanti, spostatevi con le frecce da una stanza all'altra.
La struttura è molto simile a quella di un altro video interattivo, Like a Rolling Stone di Bob Dylan: là si faceva zapping tra canali tv, qui tra le stanze di un edificio. Non è un caso: li ha realizzati entrambi la stessa agenzia, la Interlude (ma la qualità/varietà dei contenuti di Like a Rolling Stone lascia trasparire un budget superiore). Dopo aver speso un paio di minuti su Brandy & Coke, torna a galla un dubbio, espresso di recente da Huw Oliver sul Guardian: a cosa servono i video musicali interattivi? Cosa ci danno? L'antipasto di una rivoluzione o un fatuo fuoco d'artificio?
La risposta non è semplice. In alcuni casi c'è un uso interessante, anche avanguardistico, della tecnologia digitale. Il primo esempio che mi viene in mente è The Wilderness Downtown. Nell'intreccio tra il brano We Used To Wait degli Arcade Fire e Google Street View si intravedeva una ricerca - seppur primitiva per forma e risultato, era il 2010 - sull'idea di video personalizzato, sul mash up con altri strumenti di comunicazione e racconto (le mappe), sulla creazione di un percorso giocato su temi emotivamente forti come la nostalgia e il dialogo con il passato.
Diverso e ancora da valutare è il discorso di esperimenti in realtà virtuale come Stonemilker di Björk, che già da un punto di vista di filosofia della comunicazione e dell'arte si pone in contrasto con il culto dominante dell'accessibilità dei contenuti online: il video è stato concepito per un consumo individuale in luoghi come il MoMA di New York e i negozi Rough Trade (in un matrimonio ideale tra vinilico vintage e futuristico virtuale). In casi simili, ad arricchire l'esperienza in modo decisivo potrebbe essere - oltre all'innovazione tecnologica - proprio il coefficiente di esclusività.
Di fronte a Brandy & Coke dei Led Zeppelin, la sensazione è diversa. Con l'effetto sorpresa (e gran parte del divertimento) che è stato bruciato da Like a Rolling Stone, ciò che rimane è un'idea carina - dare vita al palazzo di Manhattan che compare sulla copertina di Physical Graffiti - tuttavia non sufficiente ad arricchirne il valore artistico, tecnologico (e forse anche promozionale) al punto da permetterne la fuga dal gran recinto 2.0 in cui oggi si ammassa la maggioranza dei contenuti digitali (interattivi e non). Contenuti che - mostrando una natura sempre più orientata verso il leggero divertissement - sembrano quasi aver accettato l'idea di poter esistere giusto il tempo di un like.