venerdì, settembre 20, 2013

Fiona Apple, Chipotle e l'ambiguità dell'opera d'arte nell'era della riproducibilità viral


Quello che trovate qui sopra e che probabilmente avrete già visto negli scorsi giorni è The Scarecrow, un video distribuito su YouTube l'11 settembre. La canzone si intitola Pure Imagination e proviene dalla colonna sonora del film Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato. Nel 1971 la cantava Gene Wilder, oggi Fiona Apple. Prodotto dalla catena di ristoranti di cucina messicana Chipotle, il video segue idealmente il filone inaugurato due anni fa da Back To Start. In entrambi i casi si tratta di una cover (all'epoca, Willie Nelson alle prese con The Scientist dei Coldplay), il messaggio riguarda le modalità di produzione e consumo alimentare e il risultato è molto suggestivo. Nonché virale: Back To Start viaggia intorno agli otto milioni di views, in meno di dieci giorni The Scarecrow è già arrivato a sei

Dal punto di vista del contenuto, per i maniaci del melting pot creativo un'opera quale The Scarecrow è praticamente perfetta: mescola suggestioni ambientaliste, la voce di Fiona Apple, una canzone inquietante tratta da un film per molti versi ancora più inquietante, un'estetica a cavallo tra Tim Burton e i playmobil, più uno spaventapasseri che all'improvviso usa il cervello che fa molto Oz.

Ma il mix non si ferma lì. Riguarda anche l'origine del video. E qui entra in gioco un certo retrogusto, se non amarognolo di certo ambiguo. Che cos'è The Scarecrow? Un videoclip? Un cortometraggio? Un cartone animato? Una predica? Una pubblicità? Esattamente tutto questo. E intrecciando i suoi fili e i suoi obiettivi, il messaggio sul consumo responsabile non può che risultare un po' contaminato.

Il video ci racconta la storia dello spaventapasseri gentile, che è triste per quel che vede nella grande e puzzolente città (tonnellate di junk food prodotto maltrattando gli animali) e apre un banchetto dove vende prodotti di origine vegetale coltivati e cucinati amorevolmente a mano. Da un lato, tutto sacrosanto: il mondo sarebbe di sicuro migliore se facessimo un po' più attenzione a quel che mangiamo, a quanto ne mangiamo, a come lo mangiamo. Dall'altro, se vai a informarti un po' su Chipotle - l'azienda committente del video - scoprì che si tratta di una megacatena di 1430 ristoranti, che nel 2012 ha fatturato oltre 2 miliardi di dollari (altro che piccolo banchetto), vende anche carne, seppur di animali trattati bene (mentre il video ammicca abbastanza platealmente alla filosofia vegetariana) e dal 1998 al 2006 ha avuto tra i suoi principali proprietari McDonald's.

Inoltre, al termine di The Scarecrow gli utenti vengono invitati a scaricare un'applicazione per iPhone e iPad (di cui il video è definito "companion"): cioè i prodotti-simbolo di una filiera industriale che - per le condizioni di vita nelle fabbriche asiatiche e per ragioni ambientali - oggi viene spesso criticata con toni e contenuti molto simili a quelli rivolti contro l'industria alimentare.

Niente di immorale, tantomeno illegale, intendiamoci. Giusto quanto basta a far drizzare le antennine, soprattutto visto il successo della campagna. 

Chi scrive...

- odia la sindrome delle dietrologie e dei complottismi;
- lungi dall'essere vegetariano, è convinto che sia davvero necessario riflettere sulle abitudini (gli sprechi, gli eccessi) nel consumo alimentare: "To cultivate a better world", per dirla con lo slogan di Chipotle;
- adora tanto la cover di Fiona Apple quanto la resa finale del video (complimenti ai registi Brandon Oldenburg e Limbert Fabian dei Moonbot Studios, qui protagonisti di una lunga e interessante intervista su The Week);
- fa uso regolare di iPad e iPhone;

... ma di fronte a The Scarecrow, non riesce proprio a trascurare gli aspetti di marketing e di posizionamento commerciale dell'intera operazione. La nascita di nuove entità non-catalogabili come The Scarecrow è uno degli aspetti più interessanti della creazione di contenuti nell'era di YouTube, del social, del viral, della turboibridazione. Ma è qualcosa di fronte a cui ci si dovrebbe porre con la stessa attenzione e consapevolezza che nel video si richiede al nostro comportamento a tavola. Anche nella fruizione e condivisione online è meglio innalzare di qualche centimetro l'asticella della riflessione e della critica. A maggior ragione oggi che qualsiasi contenuto punta senza mezzi termini al tuo like d'istinto.