martedì, aprile 16, 2013

Giusto un minuto di vero amore (i Daft Punk, il teaser, il resto)


Premessa.

Avrete notato come su Internet sia in corso un'avvincente gara a chi ce l'ha più piccolo. Il messaggio. La nostra attenzione è ormai talmente erosa dalla marea informativa, che molti contenuti ci vengono spediti in forma sempre più compressa: le canzoni sostituiscono gli album, i tumblr asciugano i blog, i tweet si fermano a 140 caratteri, i video Vine durano 6 secondi... e giù scivolando nel vorticoso maelstrom della nanocomunicazione.

E' un processo che – seguendo una diabolica ma in fondo logica inversione proporzionale – si accompagna alla speculare corsa verso gli zeri, dove chiunque decanta e mil(l)anta iperbolici record: 1,000,000,000 di canzoni ascoltate su Spotify, 1,000,000,000,000 di views su YouTube, 1,000,000,000,000,000 di status pubblicati (ogni nanosecondo, of course) su Facebook!

Così, può capitare che il primo fenomeno musicale dell'anno, il brano più ascoltato dall'umanità nel primo trimestre 2013, non sia nemmeno una canzone intera bensì il campionamento di un suo minuto. Conoscete tutti Harlem Shake di Baauer, no? No. Probabilmente, come me, ne conoscete giusto un pezzetto, quello che si sente in sottofondo nei video buffi di persone che ballano scomposte. Il resto, per quanto ne sappiamo, potrebbe anche essere un'allegra mazurketta.

Questa contrazione delle singole unità di comunicazione è spesso fastidiosa, antipatica, esasperante. Prendete Twitter o Facebook e le battutine-umoristiche-spinoziane partorite in tempo reale. Se le vedi e hai la luna storta (ci fosse mai una luna dritta, quando serve...), ti vien voglia di bruciare Internet e i suoi arguti filistei. Oppure, massima concessione al pacifismo, di spegnere il mondo cinguettante dei social network e andare a leggerti per davvero le recensioni extralong di Pitchfork o quei mega-articoli di JotDown già chilometricamente accattivanti nei titoli (Sexo aberrante y familias disfuncionales en la mitología griega, David Bowie. The Next Day: el mejor regreso desde Lázaro...) o persino di mettere mano a Les Misérables di Victor Hugo, in lingua originale, allez. Ti viene addirittura voglia di scriverli articoli chilometrici.

Ma non è sempre così. Ci sono delle volte in cui la brevità è sinonimo di perfezione. Un minuto è esattamente ciò che ci vuole: non un secondo di più, non uno di meno, i bit sono tutti ricombinati nel posto e nel momento giusto. E spesso - non a caso - accade in contenuti creati dai pubblicitari, razza di alchimisti che da sempre lavora nel mondo dei micromattoncini e che (a differenza di molti romanzieri, giornalisti, musicisti albumisti) si è dunque trovata subito a suo agio con il mezzo digitale e con le trasformazioni da esso causate nei nostri spazi d'attenzione.

E così, dopo avervi costretto a quello che dovrebbe esser stato più o meno un minuto di lettura, arrivo all'oggetto della questione: il teaser del nuovo singolo (Get Lucky) e del nuovo album (Random Access Memory) dei Daft Punk. Questo:


Teaser & fakers.

Proiettato per la prima volta lo scorso weekend sugli schermi del festival Coachella in California (altra genialata di marketing), quindi prontamente caricato online, è un piccolo capolavoro di comunicazione. Al suo interno tutto funziona. Il primo sguardo di Pharrell Williams. Il sorriso funk di Nile Rodgers. L'apparizione di R2-D2 al basso e C1-P8 alla batteria (i nomi veri sono troppo lunghi per la società contemporanea). Il mood. La durata: quel minuto non più di un minuto. La scelta del frammento da ascoltare, del momento in cui far intervenire il logo dell'album, del trionfale finale rosso fuoco, che sembra tanto una outtake di Sunrise, con il sole troppo vicino ma i robot che se ne sbattono e continuano a suonare, dispensando groove alla faccia di ciò che accade nelle banche di Cipro, nei palazzi di Roma, nelle strade di Boston. 

Il canto di sirene è tale che persino un vecchio lupo di Spotify come il sottoscritto, nel bel mezzo di una traversata dell'oceano di band che suoneranno al Primavera Sound, ha interrotto tutto e si è messo a premere compulsivamente repeat, minuto dopo minuto, desiderando ardentemente di ascoltare il resto della canzone. E ci ha ragionato su un giorno e una notte, per scrivere la roba che state leggendo: l'elogio di una pubblicità, la pubblicità di una pubblicità, l'adorazione di un bridge + ritornello.

Ma c'è anche chi ha fatto di peggio (anzi, di meglio). Fedele ad altre dinamiche e prerogative ormai inevitabili e irrinunciabili del Web (la partecipazione diretta, il mash up for everyone, lo sharing universale e istantaneo), un dj calabrese (Fabio Nirta) ha preso lo spot e le altre pillole distribuite nei giorni scorsi dai Daft Punk, le ha manipolate fino a trasformarle in una vera (finta) canzone, che ha illuso parecchi fan, fregato siti autorevoli, nutrito l'appetito di migliaia di ascoltatori (e, corre voce ma non ho prove, determinato pure un ritardo nella distribuzione del vero singolo).

Il meccanismo è simile a quel cortometraggio di quasi otto minuti che anticipò l'uscita di Lo Hobbit, realizzato tagliendo-e-cucendo tutti i trailer disponibili e serve come ulteriore evidenza di come oggi ogni contenuto, ogni materiale, anche promozionale, sia facilmente e quasi necessariamente modificabile. La manipolazione/remix è il respiro del nostro tempo, talmente naturale quanto canticchiare sotto la doccia. Se cercate su YouTube, scoprirete che la versione di Nirta non è l'unica. Non è ancora uscito l'originale, ma esistono già diverse Get Lucky pre-apocrife. 

Daft Nirta

Retro.

E la musica? Per quel che si può sentire: retromania all'opera, again. Turboretromania. Retroreaziomania. Al primo ascolto del teaser, più o meno all'altezza di "we've come too far to give up who we are", in mezzo a tutti quei luccichii, il sottoscritto si è trovato catapultato in una strana atmosfera di ovatta degli Ottanta, poco oltre i confini cullanti di I Just Called To Say I Love You. La presenza di Nile Rodgers riporta ancora più indietro, all'età d'oro della disco, fine anni '70 o giù di lì (spaziotempo da cui proviene un altro degli ospiti di Random Access Memories, Giorgio Moroder). E a rincarare la dose c'è la prima delle 1,000,000,000,000,000,000 interviste che accompagneranno l'uscita dell'album, in cui i Daft Punk spiegano che la electronic dance music basata sulle macchine e sui sample è a un punto morto, per questo hanno deciso di... tornare agli strumenti suonati dal vivo. Meno Daft, più Punk. Return to innocence, direbbero gli Enigma. 

Non sono stato l'unico a innamorarmi di questo minuto. Su Facebook, Twitter e alcuni siti specializzati si sono registrate scosse telluriche di buona intensità, anche se il numero di views del teaser (intorno ai due milioni) mi lascia pensare che a esultare ed eccitarsi sia stato comunque un recinto di appassionati piuttosto circoscritto. Nello stesso lasso di tempo, tanto per tracciare le dimensioni della manie globali e dei link compulsivi nel 2013, il video (completo) del nuovo singolo di PSY, Gentleman, ha raccolto 86,716,306 contatti.

Personalmente, chissenefrega: qui il gentilrapper di Seul annoia, mentre il bersaglio è stato colpito e affondato dall'assaggio di Daft Punk. Solo per lo spazio di un minutogiorno, però. La condanna di questi proiettilini sta nel loro effetto quasi ecologico: funzionano alla grande sul breve termine, mandano in corto circuito le tue sinapsi, ma non è che lascino tracce indelebili. Se non si vuole che l'attenzione sia punzecchiata e distratta da altri proiettilini, c'è subito bisogno del resto della storia. Il resto del minuto. C'è curiosità, anche un po' di timore. Che ciambella si nasconderà attorno al buco perfetto? Un loop come quello preconizzato e confezionato da Fabio Nirta e dagli altri fakers? Una mazurketta?