Le opzioni di copyright offerte da Medium. |
Da mercoledì 6 maggio, gli articoli pubblicati sulla piattaforma Medium possono essere distribuiti sotto Creative Commons. La notizia riporta un po' di luce su questo sistema di licenze alternative, che si avvicina a compiere quindici anni di vita e rappresenta il tentativo più concreto di trovare un equilibrio tra il regime del copyright (che vieta qualsiasi forma di copia non autorizzata) e la realtà di Internet (che basa il suo funzionamento proprio sulla copia infinita di contenuti digitali).
Rispetto a qualche anno fa, oggi le Creative Commons presentano un sapore quasi tecnovintage. Con l'accelerazione verso la comunicazione istantanea impressa dai social network (e con la diffusione di strumenti embed, come quelli che permettono di condividere ovunque e legalmente i video di YouTube), per molti creatori l'attenzione si è spostata dal come tutelare i propri contenuti a come farli circolare in modo più rapido ed efficace.
Ma le Creative Commons non sono da riporre nei manuali di storia di Internet. Da un lato, perché rappresentano una terza via, a metà strada tra copyright e pubblico dominio, che è bene tenere a mente in vista di un'eventuale ridefinizione del sistema globale di tutela della proprietà intellettuale. Dall'altro, perché sono molto presenti in settori-chiave della società, della conoscenza e del web: dalle riviste scientifiche/accademiche a Wikipedia, le cui voci sono distribuite sotto CC.
Il problema è dove trovare online contenuti multimediali sotto licenza Creative Commons. Non esiste una soluzione del tutto soddisfacente, ma nei corsi di scrittura digitale consiglio sempre di provare a partire dal motore di ricerca sul sito americano di Creative Commons. Come si vede dall'immagine sotto, permette di gestire ricerche su Flickr, Google Images, YouTube, SoundCloud e altri grandi archivi online che autorizzano la pubblicazione di contenuti sotto licenze alternative.
Si tratta di un buon metodo per velocizzare le ricerche, ma è necessaria un'avvertenza: l'interfaccia fornita da Creative Commons (in fase di aggiornamento) si collega a motori esterni, che restringono le ricerche ai contenuti "indicati" come sotto licenza CC. Non offre garanzie sulla veridicità della certificazione. Quando si è nel dubbio - e soprattutto se si vuole riutilizzare un contenuto a fini commerciali - meglio effettuare ulteriori verifiche con l'autore o il sito d'origine.
Ma le Creative Commons non sono da riporre nei manuali di storia di Internet. Da un lato, perché rappresentano una terza via, a metà strada tra copyright e pubblico dominio, che è bene tenere a mente in vista di un'eventuale ridefinizione del sistema globale di tutela della proprietà intellettuale. Dall'altro, perché sono molto presenti in settori-chiave della società, della conoscenza e del web: dalle riviste scientifiche/accademiche a Wikipedia, le cui voci sono distribuite sotto CC.
Il problema è dove trovare online contenuti multimediali sotto licenza Creative Commons. Non esiste una soluzione del tutto soddisfacente, ma nei corsi di scrittura digitale consiglio sempre di provare a partire dal motore di ricerca sul sito americano di Creative Commons. Come si vede dall'immagine sotto, permette di gestire ricerche su Flickr, Google Images, YouTube, SoundCloud e altri grandi archivi online che autorizzano la pubblicazione di contenuti sotto licenze alternative.
Si tratta di un buon metodo per velocizzare le ricerche, ma è necessaria un'avvertenza: l'interfaccia fornita da Creative Commons (in fase di aggiornamento) si collega a motori esterni, che restringono le ricerche ai contenuti "indicati" come sotto licenza CC. Non offre garanzie sulla veridicità della certificazione. Quando si è nel dubbio - e soprattutto se si vuole riutilizzare un contenuto a fini commerciali - meglio effettuare ulteriori verifiche con l'autore o il sito d'origine.
Esempio: utilizzando "Torino" come chiave di ricerca e "Google Images" come sito di riferimento, i primi risultati fanno tutti riferimento a immagini ospitate su Wikipedia |