Un panda mannaro americano a Lisbona. Si chiama Noah Lennox ed è nato a Baltimora un paio d'anni dopo di me. Eppure, se Wikipedia non mente, lui ha già inciso quattordici album: nove con gli Animal Collective (uno dei gruppi culto della generazione indie-hipster) e cinque da solista, firmati con lo pseudonimo Panda Bear. Anche se non bazzicate il genere, può darsi vi sia inconsapevolmente capitato di ascoltare la sua voce nel 2013: in Doin' It Right, la traccia più elettronica e meno vintage del bestseller Random Access Memories dei Daft Punk.
Da una decina d'anni, Noah Lennox vive nella capitale portoghese. Scorpacciate di bacalhau, fado a non finire e una moglie designer. L'inedito fascino di un marylandiano a Lisbona è forte e torna spesso nelle recensioni di Panda Bear Meets The Grim Reaper, primo album effettivamente uscito nel 2015 a finire nella ambitissima selezione dei miei ascolti dell'anno. Titolo curioso: "Panda Bear incontra la triste mietitrice", semplice citazione dub o funerale del proprio alter ego artistico? I critici hanno discusso molto, senza arrivare a una risposta condivisa.
Noah Lennox e - se la memoria non inganna - l'Elevador da Glória |
Dopo il soul di D'Angelo, il rap di Run The Jewels e la cosa Scott O))), per me è stato il quarto viaggio in territori sonori poco conosciuti (per non dire quasi inesplorati). Il mio primo incontro con Panda Bear risale a cinque anni fa: quando Pitchfork attribuì un roboante 9.6 a Merryweather Post Pavillion degli Animal Collective, capii che io e il sito americano avevamo qualche problema. Non credo di essere l'unico ad arrancare dietro agli sperimentalismi della band americana e a non condividere l'esaltazione nei loro confronti (invero un po' evaporata nell'era della post-hipsteria).
In Panda Bear Meets The Grim Reaper ritrovo alcuni degli elementi che non ero riuscito a digerire cinque anni fa. Per esempio, quell'atmosfera che mi ricorda sempre un matrimonio freak tra elettronica e Beach Boys (quasi plagiati nell'arpeggio celestiale di Tropic of Cancer). Però, mi rendo conto di sopportare tutto un po' meglio: persino le infinite strutture iterative che tornano nell'album mi sembrano scorbutiche ma interessanti (Panda Bear ripete tutto: strofe, ritornelli, testi, suoni... a volte sembra quasi inseguire una misteriosa formula alchemica-algebrica del loop perfetto).
Pitchfork persevera nel celebrare le opere di Lennox: The Grim Reaper non raggiunge le vette stratosferiche di Merryweather ma si porta comunque a casa un bel 8.7. Il 97% della critica concorda: su trentadue recensioni raccolte da Metacritic, solo una si limita alla gialla sufficienza. Anch'io persevero nel non comprendere certi entusiasmi musicali contemporanei (non mi è ancora andato giù quel Lost in the Dream incoronato disco del 2014), ma in The Grim Reaper ho trovato almeno quattro canzoni che hanno superato il rigido test d'ingresso dell'iPod. Mi ritengo soddisfatto.
Canzoni preferite: Mr Noah, Crosswords, Come To Your Senses
Extrawebografia:
Il making of dell'album. Un documentario di quindici minuti, tutto in inglese, con Noah Lennox, il produttore Sonic Boom e tanta Lisbona.
In ascolto: Girls in Peacetime Want to Dance (Belle & Sebastian)
Gli album della settimana del 2015:
1. Black Messiah (D'Angelo)
2. Run The Jewels 2 (Run The Jewels)
3. Soused (Scott Walker)
4. Panda Bear Meets The Grim Reaper (Panda Bear)