martedì, gennaio 06, 2015

Black Messiah (D'Angelo)


Ho letto talmente tante recensioni entusiastiche di Black Messiah, l'ultimo album di D'Angelo, che mi sento un po' in colpa nel non essermene follemente innamorato. Su Metacritic il disco veleggia intorno a un trionfale giudizio critico di 96/100, un valore a cui in genere possono aspirare solo le ristampe dei classici. Eppure io non riesco ad andare oltre a una valutazione (banale, noiosa, da cerebrointellettuale...) come "ok, si sente che è un album importante, ma non mi prende". Che è sincera, lo giuro - il disco a suo modo mi è piaciuto - ma in fondo equivale a "chissà se e quando lo ascolterò di nuovo". Forse alla base c'è anche un'incompatibilità di genere musicale. Black Messiah è stato però l'album che ha inaugurato i miei ascolti-selezionatissimi-e-approfonditissimi-per-sopravvivere-alla-superficialità-e-al-caos del 2015. Gli sono affezionato. Ecco una manciata di informazioni/riflessioni che hanno accompagnato e seguito i suoi ascolti:

1. Tutta la musica in Black Messiah è dichiaratamente e orgogliosamente "suonata" (da turnisti quotati come il bassista Pino Palladino o il batterista ?uestlove). Niente drum machine, software o intermezzi digitali. Evidente il desiderio di tracciare un segno di rottura nei confronti dei dischi registrati a budget zero con l'iPad nella propria cameretta. Non l'unico elemento di diversità rispetto al millennio digitale, come vedremo tra poco.

2. Se vi trovate a un party a New York, tutti parlano di Black Messiah e la gente continua a ripetere "All we wanted was a chance to talk / 'Stead we've only got outlined in chalk" ("Tutto ciò che volevamo era la possibilità di parlare / Invece ci siamo ritrovati tracciati con il gesso"), non preoccupatevi: è naturale. È il ritornello di The Charade e viene menzionato praticamente in tutte le recensioni dell'album. Se volete anche sentirlo in musica, vi metto il video: lo trovate per esempio a 0'57" e 1'45".


3. Perché citano tutti quel verso? Perché simboleggia in modo esplicito e potente - assieme al titolo e al campionamento del predicatore che apre 1,000 Deaths - lo spirito e i contenuti di un album socialmente e politicamente molto impegnato, fin dalla sua tempistica di diffusione. Black Messiah è stato distribuito repentinamente a dicembre, in anticipo rispetto all'uscita prevista per il 2015, sulla pressione emotiva delle nuove polemiche inter-razziali esplose negli Stati Uniti per la mancata condanna degli agenti di polizia responsabili delle morti di Michael Brown (a Ferguson) e Eric Garner (a New York). La chalk outline a cui fa riferimento The Charade è la sagoma delle vittime tracciata con il gesso nelle scene dove è avvenuto un omicidio. 

4. Per il secondo anno consecutivo, uno dei dischi più importanti dell'anno - probabilmente il più importante in ambito black - viene pubblicato a sorpresa, in un periodo in genere appaltato a greatest hits e cover di Natale. Qui si potrebbe aprire una parentesi enorme sulla mutazione musicale major del guerrilla marketing (pensando anche a Songs of Innocence degli U2 e al bailamme attualmente in corso attorno al nuovo album di Madonna, tra leak sospetti e vendite immediate su iTunes). Diventa sempre più difficile individuare il confine tra la spontaneità dell'artista e il calcolo di strategie promozionali che - in modo sempre più ansiogeno, nell'era dell'abbondanza incontrollata - inseguono l'arduo obiettivo di farsi notare rispetto alla massa.

5. E qui arriviamo al secondo elemento di rottura, per me il più interessante, di D'Angelo rispetto alla massa degli artisti nell'era di Internet e del digitale. Il cantante americano non può certo essere accusato di partecipare al giochino del content overload: quella sindrome della mitragliatrice a cui - vuoi con canzoni, vuoi con album, vuoi con concerti, vuoi con tweet - si sta invece piegando la maggioranza dei colleghi. Black Messiah arriva quattordici anni dopo il precedente Voodoo, diciannove dopo l'esordio Brown Sugar: intervalli temporali quasi assurdi nell'era dello streaming, degli smartphone always connected, del culto di una comunicazione/espressione legata all'istinto e all'istante. Qualunque sia il suo segreto (anche solo il semplice beneficiare dei successi precedenti al boom di Internet e dei relativi benefit economici), D'Angelo per ora è riuscito a tirarsi fuori da quel vortice che sta trasformando radicalmente il mondo della musica, dell'informazione e della comunicazione, dove se guadagni 0,001 dollari a stream, 5€ ad articolo scritto o 4€ all'ora, sei costretto anche solo per ragioni alimentari a una produzione pressoché continua di nuovo materiale/lavoro. Da questo punto di vista, si tratta davvero di un artista unico (che molti colleghi, senza poterlo ammettere pubblicamente, invidieranno).

6. Ok la politica, ok la società, ok il vortice, ok il rumore, ma siamo pur sempre fatti di carne, ossa e muscoli. Il secondo verso più citato nelle recensioni di Black Messiah è "So if you're wondering about the shape I'm in / I hope it ain't my abdomen that you're referring to" ("Se ti stai chiedendo quale sia il mio stato di forma / Spero che non ti riferisca al mio addome"). In questo caso D'Angelo allude a una delle ragioni a cui viene spesso attribuito il suo lungo periodo di isolamento: la delusione per il modo in cui fu accolto nel 2000 il video di Untitled (How Does It Feel), con i commenti del pubblico e dei media che si focalizzarono sul corpo dell'artista più che sulla sua voce. Certo è che - riguardandolo dopo quattordici anni - un video del genere forse non è il più indicato se non vuoi distrarre il pubblico con i tuoi pettorali e abdomen. 



Le mie canzoni preferite di Black Messiah: 1000 Deaths, The Charade, Really Love.

Attualmente in ascolto: RTJ2 (Run The Jewels)