giovedì, febbraio 27, 2014

Se ce la fa una violoncellista canadese, perché non possiamo farcela noi?

Dall'account Flickr dell'artista
Essere musicisti. Essere indipendenti. Distribuire la propria musica principalmente via web. Questi tre fattori producono uno stipendio decente? O solo lacrime, sangue, lamentele e sofferenza economica?L'artista canadese Zoë Keating ci offre qualche cifra su cui riflettere.

Lei appartiene a tutte e tre le categorie citate sopra. Non è una popstar di fama planetaria (alzi la mano chi di voi ha mai sentito un suo brano) e non ha nemmeno scelto il percorso musicale più facile (violoncello d'avanguardia), però ha saputo costruirsi una robusta popolarità sui social network (in particolare su Twitter, dove l'account @zoecello ha più di un milione di follower).

Insomma: per varie ragioni, è un caso di studio interessante. Contemporaneo. E molto trasparente. Ogni anno, infatti, un po' sulla falsariga della Operazione Glasnost dei Wu Ming, l'artista condivide i dati dei suoi introiti digitali dell'annata appena conclusa. Anche il resoconto del 2013 è ora disponibile su un foglio elettronico caricato online.

Zoe Keating - Online sales and streaming figures from 2013
Come potete vedere dal link o dall'immagine sopra, lo stipendio decente c'è. Più che decente: solo dal web nel 2013 sono arrivati a Zoë Keating circa 81700$. Al cambio di oggi, più o meno 60000€. I download sono ancora nettamente più redditizi dello streaming, che comunque inizia a dare le prime soddisfazioni (6380$ complessivi).

Quantitativamente, iTunes rappresenta ancora la voce principale e risulta il negozio perfetto per vendere singoli download. Guardando le percentuali sulle singole unità, però, non conviene sottovalutare nemmeno Bandcamp, soprattutto se lo si utilizza anche come marketplace personale su cui vendere compact disc. Sempre per quanto riguarda il supporto fisico (commercializzato però tramite Internet), su Amazon Zoë Keating ha venduto anche 1325 cd, che le hanno fruttato circa 8700$.

Ficcare il naso nel borsellino altrui genera sempre un mix di sensazioni: da un lato ti senti un po' un ladro, dall'altro non riesci a farne a meno. In questo caso, oltre a trattarsi di una possibilità offerta volontariamente dalla diretta interessata, si aggiunge un significato bonus per gli artisti (e per i manager). Esempi come questi andrebbero letteralmente vivisezionati, confrontati con la propria esperienza, magari anche imitati nella ricerca di possibili nuove vie di monetizzazione digitale.

Dal tweet con cui Zoë Keating ha diffuso i dati emerge un altro aspetto interessante: il 2013 è stato un "non-album cycle", senza cioè la distribuzione di un nuovo disco

È chiaro che senza sufficienti volumi di pubblico non si va da nessuna parte, ma in fondo gli 82mila dollari guadagnati in un anno da Zoë Keating sono arrivati con la vendita di 32mila singoli download, 9mila album (tra download e cd) e lo streaming di 2,7 milioni di brani. Numeri buoni ma non certo stratosferici (ricordo che solo su YouTube, solo con un brano, solo in dieci giorni, i Perturbazione hanno fatto dopo Sanremo quasi mezzo milione di views... e Arisa è a 3,5 milioni). Senza dimenticare che in tutto ciò rimangono fuori altre possibili fonti di guadagno come concerti, licenze, edizioni, merchandising. Insomma, l'impressione è che un margine di manovra per gli artisti musicali nella società digitale ci sia. Anche per quelli piccoli e indipendenti. E forse - questo vuole essere più di un wishful thinking - anche per gli scrittori, per i giornalisti, per i videomaker, per i fotografi, per gli autori/artisti/artigiani/creativi in tutte le varie forme d'espressione. 

Con tutti i distinguo dell'universo, ok. A partire dal fatto che Zoë Keating - sia per talento che per imprenditorialità - è molto più che una "semplice violoncellista canadese". E che di sicuro qui in Italia tutto è più difficile. Ma anche con la consapevolezza che in Italia forse non siamo ancora così bravi a giocarci davvero tutte le carte a nostra disposizione. Essere #nocoglioni non significa solo riuscire a farsi rispettare e dare dei soldi, ma anche essere in grado di scovare quei percorsi - magari ancora poco battuti ma già operativi ed efficienti - in cui i soldi sono più a portata di mano. E adottare quegli approcci e quegli strumenti che ti permettono di raccoglierli. Se non per diventar ricchi come pascià, per lo meno per far quadrare i conti.