sabato, febbraio 01, 2014

Bruce Springsteen - High Hopes


Perché Bruce Springsteen ha pubblicato un album come High Hopes, accolto in modo negativo da molti fan (tutti quelli che conosco me ne hanno detto peste e corna) e costituito da una collezione di cover, b-sides, recuperi e reincisioni che - anche dopo ripetuti ascolti - suona un po' debole? Cosa ha spinto il Boss a imbarcarsi in un'operazione relativamente costosa come la produzione di un nuovo disco, senza avere a disposizione canzoni nuove, per di più in un'epoca in cui si vendono sempre meno cd, pure i download hanno frenato e qualsiasi addetto ai lavori ti ripete che conviene concentrarsi sull'attività dal vivo (nella quale, tra l'altro, Springsteen e la sua E Street Band notoriamente eccellono e legittimamente guadagnano)?

È la domanda che mi ha assillato durante gli ascolti di High Hopes, un album che difficilmente lascerà molte tracce tanto nella mia memoria che in quella del mio iPod. E dire che - non essendo un fan duro e puro di Springsteen e provando un perverso piacere per tutto ciò che è remix - mi ero avvicinato all'album con una curiosità credo superiore rispetto alla media. E persino con una certa benevolenza nei confronti di Tom Morello, il ruvido chitarrista ex-Rage Against the Machine ed ex-Audioslave, portatore di parecchia distorsione nel suono della E Street Band. In fondo, ho pensato, se uno decide proprio di riregistrare in studio The Ghost of Tom Joad e American Skin (41 Shots), tanto vale che lo faccia in modo strano – dilatandole, distruggendole, persino violentandole con un assolone di chitarra elettrica. Che senso avrebbe rifarle uguali o anche solo simili? Abbasso gli idoli! Abbattiamoli tutti! Pussyriotiamoli senza pietà! Tranne Achtung Baby, si intende.

Per questa ragione, non riesco nemmeno a inorridire di fronte al risultato. Semplicemente, non mi piace. E lo stesso vale per il resto del disco: lo riascolto mentre scrivo queste righe e mi rendo conto di provare un lieve consenso solo per Harry's Place e Down In The Hole (non saprei dire la ragione: conoscendomi, nel secondo caso potrebbe c'entrare uno sbavamento pavloviano per quel titolo che ricorda gli Alice In Chains...). Il resto temo che scivolerà preso nell'oblio, anche a causa di una produzione fastidiosamente pulita, freddamente perfetta, radiofonicamente scintillante in ogni nota, come quelle che secondo me hanno rovinato negli ultimi anni i vari U2, Coldplay, Muse. (credo che lascerò giusto un'ulteriore ultima chance proprio a The Ghost of Tom Joad, ma solo per infantile ripicca verso le tante critiche che ho letto online: è un momento in cui simpatizzo con tutto ciò di cui si parla male sui social network)

Ma non divaghiamo e torniamo alla domanda iniziale: Bruce, perché l'hai fatto? Non ti conveniva - anche dal punto di vista economico - lasciar perdere? Ecco,il punto è proprio questo: forse no, forse anche dal punto di vista economico, anche nell'era in cui non si vendono più dischi, gli conveniva davvero fare così. E forse saranno in molti a seguire il suo esempio, nei prossimi mesi/anni, intensificando il ritmo di pubblicazione di "nuovo" materiale, anche a costo di spulciare nei cassetti degli scarti, delle outtakes, delle versioni unplugged. È la nuova configurazione del panorama tecnologico/musicale che potrebbe spingere verso quella direzione.

Per spiegare perché, sono costretto a tirare in ballo per l'ennesima volta lo streaming e il suo modello economico. In servizi come Spotify e Deezer, i profitti sono legati al singolo ascolto di un brano. Sono molto bassi – briciole per ogni stream – e questo ha fatto arrabbiare Thom Yorke, David Byrne e tutti gli altri critici della prima ora, ma si tratta pur sempre di guadagni che crescono con il passare del tempo e l'aumentare degli utenti. Non si fermano mai e si accumulano in modo molto differente rispetto a quelli dei download e degli acquisti di dischi. Riguardano tutti gli ascolti, compresi quelli di prova e di semplice curiosità. Anche i miei. Io ho deciso di concedere cinque ascolti integrali a High Hopes, nonostante già dopo il secondo fossi piuttosto perplesso e irritato. Se l'ho fatto è anche perché da un punto di vista della mia spesa personale, questi ascolti non pesavano minimamente: rientravano nei 9,99€ al mese del mio abbonamento. E di sicuro lo rifarò per molti altri album, artisti, canzoni, per i quali - altrettanto sicuramente - non comprerei  la versione download/cd.

A me non costano niente che non sia già incluso nella spesa mensile, ma per artisti ed etichette generano guadagni. Bricioline, come detto, ma provate a moltiplicarle per un numero di utenti a più zeri e per un tempo infinito e comprenderete come – se davvero lo streaming diventerà un modello sempre più diffuso e rilevante nell'ascolto di musica contemporaneo – agli artisti (a maggior ragione se famosi come Springsteen) converrà mettere in circolazione la quantità maggiore possibile di contenuti. 

Questa è anche la ragione per cui, sfregando la personalissima sfera di cristallo, sono pronto a scommettere che nel giro di pochi mesi – forse già nel 2014 – su servizi come Spotify inizieranno a comparire anche i bootleg: le registrazioni integrali dei concerti. Di tutti i concerti di un tour. Magari anche di tutti quelli di una carriera. Per un certo periodo di tempo, gli artisti cercheranno di mantenere ancora l'esclusiva in formato cd o download: poi si renderanno conto che anche un simile embargo nell'era dello streaming non ha più alcun senso. Sono solo soldi a cui si rinuncia. E irroreranno di live le piattaforme di streaming. Tra i primi, chissà, ci potrebbe essere proprio Springsteen, che proprio da quest'anno ha deciso di iniziare a vendere le registrazioni all'uscita dei suoi spettacoli (e con lui Pearl Jam, Metallica, Grateful Dead, Fugazi, Pixies e tutte quelle altre band che hanno già un sacco di bootleg ufficiali belli che pronti e che - detenendo in buona parte i diritti sulla propria musica - potrebbero monetizzare in modo più efficace). E devo ammettere che le collezioni integrali dei live sui servizi in streaming sono un tipo di abbondanza che non mi dispiacerebbe. 


Bonus tracks

Ho il sospetto che questa farà arrabbiare sia i fan di Springsteen che quelli dei Wilco: “Morello's role in the E Street Band feels similar to that of avant-garde noise-monger Nels Cline when he joined Wilco” (Billboard). Nello stesso articolo c'è una dettagliata presentazione track-by-track del disco (con spiegazioni relative a ogni brano: epoca, provenienza, ecc. ecc.)


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