Non so quale sia il futuro dell'intrattenimento da luna park, ma il presente che ho appena scoperto è terribilmente eccitante. La scorsa settimana ho visitato gli Universal Studios di Orlando, in Florida, un grosso parco di divertimenti (a pochi chilometri da Walt Disney World e SeaWorld) ispirato a film e serie tv. Due attrazioni mi hanno lasciato lo sguardo ebete ed esaltato del bambino di dieci anni: The Simpsons Ride e Transformers: The Ride. Praticamente, due montagne russe digitali: il vagoncino sta fermo o si muove di pochi metri, facendo scossoni e piroette in base alle immagini che ti avvolgono su megaschermi ad altissima definizione (nel caso di Transformers, pure in 3D, con occhialini d'ordinanza).
Siete scettici? Vi capisco. Quando sono entrato nel tunnel che porta a The Simpsons Ride, con ancora un Krusty Burger caldo nello stomaco (hanno costruito una specie di piccola Springfield lì attorno), trasudavo cinismo e perplessità ("ma non doveva essere una montagna russa? Al chiuso?"). Figurarsi poi quando ho visto il vagone da otto posti, in una stanzetta di pochi metri quadrati ("è un film, che fregatura!").
Beata ignoranza.
The Simpsons Ride esiste ormai dal 2008. Qui sotto c'è un video che riprende l'intera corsa. Non rende nemmeno al 5% l'esperienza reale, ma almeno vi può aiutare a capire di cosa sto parlando (è un po' uno spoiler: magari evitatelo, nella fortunata ipotesi di un'imminente vacanza in Florida).
Stesso discorso, ancora più stupefacente, per Transformers: The Ride. Attrazione fresca fresca, è stata aperta a Orlando il 20 giugno (dopo esser stata testata con successo in altri due parchi targati Universal, a Singapore e in California). Rispetto a The Simpsons Ride, i vagoncini si muovono su vere rotaie, spostandosi all'interno di un grande capannone. Ma tu perdi presto cognizione del percorso "reale", visto che i sensi vengono catturati dal mondo "virtuale" e dall'acceso scontro che si scatena quasi subito tra Optimus Prime e Megatron (credo siano loro: essendo ispirato a Transformers, praticamente ci sono solo robot che si prendono a sberle metalliche, e tu sei lì in mezzo...). Anche in questo caso, un video viene in aiuto al racconto (le immagini sfocate sono dovute al 3D).
Qualche riflessione sparsa:
a) Attrazioni come The Simpsons Ride e Transformers: The Ride mostrano tutto il magnifico e subdolo effetto della dittatura dello stupore. Dopo aver provato qualcosa del genere (dopo aver assaggiato il sapore del sangue...), non riesci più a tornare indietro. Non ti accontenti. E quando ti trovi di fronte a cose vecchiotte come T2 3-D: Battle Across Time (con i personaggi di Terminator) e Twister... Ride It Out, che fino a pochi anni fa erano probabilmente all'avanguardia, provi un'immediata delusione. T2 3-D in realtà è un interessante mix di film in 3D e spettacolo in live action, con schermi surround e robot cattivi a grandezza dinosauro, e regge ancora dignitosamente (soprattutto considerando i 17 anni sul groppone). Twister... Ride It Out, risalente al 1998, fa tenerezza: gli scricchiolii dovuti all'uragano, le folate sparate in faccia da qualche ventilatore, la luce che si spegne all'improvviso, la mucca di pezza che vola appesa a un filo, gli stessi video introduttivi di Helen Hunt e Bill Paxton... sembra tutto uscito dallo scatolone dei giocattoli dei nostri genitori. Non a caso la coda per entrare era praticamente nulla, contro i trenta minuti buoni trascorsi nel labirinto d'accesso a Transformers: The Ride. C'è poco da fare: per quel che si vede a Orlando, la finzione digitale travolge ormai la finzione meccanica. Il paragone è improponibile. E in questo caso non ti salva nemmeno l'effetto vinile: in un parco di divertimenti dal sapore e fragore hollywoodiano, tra robot che si picchiano, non cerchi certo il romanticismo vintage o il conforto della nostalgia. Vuoi un po' di sangue, appunto.
b) Questo fenomeno è ben noto agli architetti di simili paesi delle meraviglie. Scorrendo la timeline del parco su Wikipedia, si nota come in poco più di vent'anni i cambi di scena siano già stati numerosi. I cicli di vita delle attrazioni sono sempre più brevi. La Springfield virtuale ha preso il posto di una ride dedicata a Ritorno al Futuro, i Transformers fanno a botte su quello che un tempo era il reame di Hercules e Xena. Il lungo addio ha già coinvolto anche King Kong, Lo Squalo, Alfred Hitchcock: questo è l'elenco completo dei cari estinti. La dittatura dello stupore è davvero crudele. E non fa prigionieri: preferisce radere al suolo e ricostruire.
c) Il che ci porta a una terza riflessione: arrivando dall'Italia, paese sempre più sprofondato in un letargo esistenziale con pochi sogni e tante paure, dove - a furia di vedere e sentire la crisi - ti senti quasi obbligato a essere cinico, pessimista e grigiamente sobrio (più per necessità ombrosa, che per scelta virtuosa), una realtà come quella degli Universal Studios (e della Florida in generale, almeno quello spicchio di ricca suburbia che ho visto) ti appare inevitabilmente stridente per la sua grandeur economica. Per costruire The Simpsons Ride, ci sono voluti 40 milioni di dollari. Per Transformers: The Ride, 100 milioni (e altrettanto sono costate le versioni in California e a Singapore). Insomma, sull'asse economico Italia-Florida - per investimenti, atmosfera, tenore di vita - percepisci una distanza che non è poi così dissimile da quella sull'asse tecnologico tra il Twister analogico e i Transformers digitali. E l'aspetto più inquietante è che la reazione che accompagna questa riflessione è puntualmente di scoraggiamento. Non è preoccupante tanto l'ipotesi che noi non costruiremo mai una Springfield (o un Paese dei Balocchi) virtuale di quel livello (in fondo è solo intrattenimento). O un ospedale per l'infanzia high tech da 400 milioni di dollari come quello che ho visitato sempre a Orlando (meglio tutelare un sistema di sanità pubblica più orizzontale e meno verticale). Il vero problema è che, in cuor nostro, siamo convinti che - anche volessimo - non avremo mai la possibilità di fare qualcosa del genere. Che ormai abbiamo preso un'altra direzione. Che saranno solo lacrime, sangue e tagli sulla spesa di pane e alimentari. E' un brutto vicolo cieco mentale*.
d) Per fortuna, però, c'è il fanciullino inside. Sì, all'alba dei 37 anni c'è ancora! Lui torna subito a sgranare gli occhi: è fatto per volare sulle montagne russe, non per pensare alla crisi. E quando senti riemergere ed esplodere la sua sorpresa - anche se non di fronte a un paesaggio bucolico dei tempi pascoliani, ma scappando da un panda gigante guidato da Telespalla Bob - beh, quella è sempre una sensazione dannatamente meravigliosa.
e) ... poi, detto tra noi noiosi appassionati di scritture digitali, narrazioni crossmediali, nuovi orizzonti della fantasia, ecc. ecc., anche sotto questi aspetti meno fanciulleschi, mirabilie spettacolari come quelle degli Universal Studios lasciano molto su cui pensare, da approfondire e da cui lasciarsi intrigare.
* Lo stesso vicolo cieco che, a pensarci bene, ha generato la riflessione al punto c) : invece che limitarmi a descrivere le montagne russe di Orlando, ho sentito il bisogno di aggiungere una fosca nuvola di italica crisi...