"A un certo punto, Coppi mi disse: "vai anche tu". Ma come?, gli risposi. Nella fuga c'è già Gastone Nencini. "No, no, vai anche tu" ". Così Ercole Baldini ricorda il momento decisivo del campionato del mondo su strada di Reims, nel 1958. Fausto Coppi gareggiava più o meno come commissario tecnico aggiunto: dava consigli, guidava i compagni. E grazie a quell'ordine di scuderia, Baldini si trovò al posto giusto nel momento giusto. E vinse il mondiale. C'è questo e altro ne Il treno di Forlì, un documentario del 2009 che racconta la carriera del ciclista romagnolo. Soprattutto il triennio d'oro, quel 1956-1958 in cui Baldini stabilì il record dell'ora (quando era ancora dilettante), vinse la medaglia d'oro alle Olimpiadi di Melbourne, dominò il Giro del 1958 e infine trionfò nella corsa iridata. Tanti aneddoti, tante immagini d'epoca, il solito alto tasso di nostalgia ruspantesca. Ma anche i primi effetti del marketing, dei soldi, della divinizzazione mediatica e spettacolare. Trappole a cui Baldini, un po' per indole e un po' forse per noia, decise di sfuggire.
Il documentario si chiude così: "Baldini era un aristocraticissimo contadino. La bicicletta gli andò bene sinché non sembro pretendere la plebeizzazione del personaggio, per compiacere le masse che lo volevano spavaldo e sanguigno. Smise tranquillo comunque, in mezzo ai tifosi disperati per quella dissipazione parziale di un enorme talento. Lo chiamarono a fare il direttore sportivo. Non sapeva recitare commedie di potere e continuò per tanto tempo a sorridere, dolce e persino un po' triste, a chi gli chiedeva come mai lui non era diventato Coppi. E anche come mai non nasceva un altro Baldini".
Altre cose belle? Le immagini di Ladri di biciclette, all'inizio. E le allegre note di Il treno di Forlì, alla fine. E' la canzone scritta per lui da Secondo Casadei, re del liscio e zio di Raoul. I fetiliscisti la possono scaricare dal sito ufficiale di Baldini.
150 gol (... e altro ancora)
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