lunedì, febbraio 16, 2009

Specchi neri, frammenti di visione (Mediapolis, febbraio 2009)

Prima o poi doveva accadere.
Ho guardato un video di settanta minuti sullo schermo di un iPod.
Non un video a caso, ma uno confezionato e distribuito proprio per questo tipo di fruizione:
Miroir Noir degli Arcade Fire. La band canadese lo ha messo online a fine 2008, sul sito www.miroir-noir.com. Per il dvd c’era da prenotare, pagare e aspettare, mentre il file digitale non richiedeva altre attese se non quella del download. Come resistere alla tentazione?Incipit.
Un minuto per trovare il portafoglio, estrarre la carta di credito, digitare il numero della carta di credito e avviare il download. Una ventina circa, andando a memoria, per scaricare il file da 288 megabyte sul pc. Qualche secondo per aprire iTunes, collegare l’iPod e avere una brutta sorpresa: “
Miroir Noir non è stato caricato sull’iPod, perché il tuo iPod non può leggere questo file”. Scusa? Un’altra prova, identico risultato. Analisi delle proprietà del file: ok. Analisi della versione di software installato sull’iPod: ok. Altra prova: “Miror Noir non è stato caricato sull’iPod, eccetera”. Controllo sul sito, magari c’era qualche avvertenza che non ho visto. No, il file viene presentato come compatibile per lettori portatili. Bel modo di fare concorrenza a pagamento alla condivisione gratuita di file multimediali sulle reti P2P, penso. So benissimo che tra due giorni quel file sarà bello e disponibile su eMule, in tutti i formati dell’universo. Invece che acquistarlo, avrei potuto scaricarlo comodamente da lì, mangiando un mandarino nell’attesa e ascoltando Fireman. Scrivo all’indirizzo email del sito che gestisce la vendita di Miroir Noir. Esprimo in anglo-italiano tutte le mie perplessità. Poi decido di manipolare un po’ il file. Scarico un freeware (Streamclip) di conversione video e provo una prestidigitazione: trasformo il mio file MP4 in un altro file MP4, cambiandogli qualche parametro a caso. L’operazione richiede settanta minuti, la durata intera del video. Intanto mi mangio davvero un mandarino e penso che Paul McCartney non è mica male in abiti da pompiere. Quindi provo a inserire il nuovo file su iTunes. E da qui sull’iPod. Ta-dah, mission accomplished. Miroir Noir è sul mio iPod, pronto a rovinarmi la vista. Il giorno dopo mi arriva l’email di risposta da oltreoceano: sono gentili, ma non riescono proprio a capire come mai ad alcuni clienti il file non gira sul lettore. Spiego loro la mia genialissima soluzione. Poi decido di fare un giro in centro.

Parte prima: il 13.
Il 13 è un tram che taglia Torino in orizzontale, dalla periferia ovest fino al regno dei Subsonica, tra Piazza Vittorio, Murazzi e Gran Madre. Essendo un tram, è piuttosto sferragliante e rumoroso. Essendo anche vintage, i suoi sedili hanno la dura scomodità dei bei tempi. In orari tranquilli, non di punta, ti porta in centro in una ventina di minuti. L’operazione
Miroir Noir scatta lì sopra. Il tram è mezzo vuoto, scelgo un sedile, caccio fuori l’iPod dalla tasca e mi immergo nello specchio nero. L’impatto è straniante. Non per gli occhi, ma per le mani. Le nostre mani sono abituate a sfogliare giornali e tenere libri, non mini-schermi. Dopo un po’ i muscoli si stancano, cercano di cambiare posizione e il video ti scappa a destra e sinistra. Un libro lo puoi sempre appoggiare alle gambe, allo schienale del passeggero davanti, al vetro del tram. Il mini-schermo no, ti viene da tenerlo fisso a venti centimetri dagli occhi, cristallizzato in aria. Non è una posizione comoda. Però mica siamo tartarughe delle Galapagos, noi. Abbiamo la capacità di adattarci. Anche piuttosto in fretta. Così bastano due o tre fermate perché il mio braccio-supporto trovi una posizione accettabile e non disturbi più. Intanto Miroir Noir è andato avanti. Schegge di Arcade Fire impazzite. Il video risale all’epoca di Neon Bible, il proverbiale secondo album che alcuni idolatrano e altri detestano: la registrazione del disco, il tour promozionale, la vita della band, le sue balzanerie. A cominciare dal numero di segreteria telefonica messo a disposizione a chi volesse esprimere libere opinioni su bibbie al neon e dintorni. Si sentono un po’ di queste telefonate in Miroir Noir. Sono tutte in inglese, senza sottotitoli. Ascoltarle mentre sul micro-schermo scorrono immagini sparse della band e i tuoi occhi percepiscono la fluttuante borsa della spesa di una madamina salita in piazza Statuto fa molto fine 2008.

Parte seconda: il bar.
Se la madamina è indifferente al tuo strano modo di trascorrere il tempo, diverso è il discorso in un bar giovanile del centro: qui è facile captare gli sguardi incuriositi degli studenti in pausa pranzo. Se ascoltare un iPod è un gesto ormai socialmente accettato e riconosciuto, guardarlo suscita ancora stupore. Seduto a un tavolo di periferia, in attesa di un panino e di una Coca, proseguo nella visione.
Miroir Noir non ha un vero e proprio filo narrativo. E’ un collage di frammenti e input che si affastellano uno dopo l’altro, uno sull’altro. Il linguaggio segmentato di Internet. Non a caso le riprese sono firmate da Vincent Moon, il monsieur dei concerti del sito francese La Blogothèque. C’è Regine che suona l’organo a piedi scalzi, c’è tutta la band davanti a un castello, c’è un’altra telefonata in inglese, ci sono un ragazzo e una ragazza che chiacchierano nel tavolo affianco al mio e ogni tanto gettano un’occhiata al mio oggetto magico, ci sono tracce abortite di Black Mirror (la canzone), c’è Win Butler che sorride, c’è la ragazza nel tavolo di fronte che studia su un libro fotocopiato, con i resti di un’insalata nel piatto, ci sono gli Arcade Fire rinchiusi in un ascensore, c’è il panino caldo e c’è la bibita fredda. Vedere un film in simili condizioni sarebbe impossibile. Soprattutto uno di quei film incasinati moderni dove se perdi un fotogramma non capisci più niente della trama (il fantasma di Darwin mi suggerisce che ci adatteremo anche a quello, chissà). Vedere Miroir Noir invece è naturale. Per essere compreso, non esige affatto la tua assoluta devozione e concentrazione. Anzi, ti richiede quasi una percentuale di distrazione. A casa, in silenzio, al buio, davanti a un grande schermo, ci si annoierebbe. Si patirebbe la propria immobilità di fronte ai continui cambi di canzone, di prospettiva, di scenario.

Parte terza: il letto.
La dimostrazione arriva dall’ultima mezzora. Sono disteso sul letto, è sera tardi e invece di conciliare il sonno con un Dylan Dog arretrato riprendo in mano l’iPod. Rispetto al tram o al bar, è il momento più alienante. Mentre le immagini scorrono mi sento un po’ un pirla. Sono a casa mia, diamine, perché non collego il computer alla tv e guardo il filmato su uno schermo più grande, magari in compagnia di una birra? Il silenzio e l’immobilità che fanno da cornice all’iPod non favoriscono la concentrazione. Le mutazioni degli Arcade Fire proseguono: salgono su un palco, si rinchiudono in uno studio, ballano un romantico lento omosex, a un certo punto uno di loro si mette a fissare un muro. Lontani dal mio caos personale, però, non hanno senso. Almeno non su quel piccolo schermo portatile. Non su un letto. C’è giusto un guizzo finale, immagini live che mi fanno venire voglia di essere sotto un loro palco. E’ una lacuna che devo colmare, penso. Dunque, mi distraggo.

Credits.
C’è qualcosa nel dna di artisti come Arcade Fire, Bon Iver, Le Luci della Centrale Elettrica, ma anche senatori come Radiohead e Nine Inch Nails, o alchimisti del taglia-e-cuci come Girl Talk e Danger Mouse, che li rende indissolubilmente figli dei nostri tempi. Anche se da marzo verrà distribuito su supporto fisico,
Miroir Noir non è un dvd. Diffonderlo prima in formato portatile, via Internet, non è stata una scelta casuale. Sono quelli i contesti in cui la sua visione assume pieno significato, così come In Rainbows ha più senso ascoltarlo in MP3, Ghosts I-IV su un vinile rigorosamente acquistato online e Per combattere l’acne è perfetto tema di commento e discussione su un forum, Facebook o Last.fm. C’è molto marketing in tutte queste operazioni, senza dubbio. Ma non c’è solo marketing. E ha probabilmente ragione chi immagina un mondo in cui utilizzeremo sempre di più gli schermi dei telefonini, dei lettori portatili, degli iPhone. A maggior ragione per contenuti geneticamente creati e modificati per una simile visione. Frastagliata, distratta, ripetuta. Non lineare. Più YouTube che cineplex. Più Miroir Noir che Il cavaliere oscuro.



(articolo pubblicato sul mensile Mucchio, nr.655, febbraio 2009, e qui riproposto con il gentile benestare dell'editore)

Legenda video:
1. Il trailer ufficiale del documentario
Miroir Noir
2. La celebre versione di
Neon Bible registrata sull'ascensore dell'Olympia di Parigi.
3.
My Body Is a Cage montata sulle immagini del film C'era una volta il west (non inclusa in Miroir Noir)
4. Alcuni frammenti del documentario
5. Un video girato con mano un po' tremante dal sottoscritto