domenica, dicembre 11, 2005

Subsonica, Velvet, Rimini, 10 dicembre 2005


(come potrete immaginare, la misteriosa Unza Unza è una romantica ballata in la minore...)
Preso da un irresponsabile attacco di giovanilismo da inter-rail, sabato mi sono lanciato in una folle trasferta calcistico-musicale a Rimini. Treno alle otto del mattino dalla stazione torinese di Porta Nuova, Rimini-Toro alle quattro allo stadio Romeo Neri, concerto dei Subsonica al Velvet, successiva festa danzante con dj-set dei componenti del gruppo, treno del ritorno all’alba (l’Espresso Lecce-Torino, un’esperienza indimenticabile).
Stendendo un velo pietoso sul lato sportivo della gita e lasciando anche stare l’entusiasmante concerto, vorrei sottolineare alcuni aspetti di contorno della giornata. Complice una fondamentale amicizia slava, ho avuto modo di vivere la macchina-Subsonica da dentro. Dal pranzo assieme alla crew tecnica in un’osteria vicino al Velvet alle fasi di montaggio del palco, dal soundcheck della band (Ancora ad odiare, Incantevole, Onde quadre, una piccola citazione finale di Wild Horses con Samuel alla chitarra) alle ore subito precedenti all’inizio dello show: la cena nel bar sopra il locale, l’ingresso del pubblico, il breve dj-set di Samuel prima del concerto, con tanto di effetto-acquario assicurato dalle giovani fan adoranti (e per chi non è abituato, osservare la scena da dentro l’acquario è davvero surreale).
A modo loro, sono tutte storie banali. Nel senso che si assomigliano molto per centinaia di band in centinaia di live. In realtà, nascondono un microcosmo di esperienze, particolari e curiosità che fa da corollario insostituibile al momento clou del concerto. Le battute, i gesti rituali, i camerini, il dialogo tra i tecnici, i frizzi, i lazzi, le bevute, i camion, le varie professionalità.
E’ il fascino del dietro le quinte. Un po’ voyeuristico nei suoi aspetti più gossipari, ma anche sincero nel desiderio di andare oltre alla superficie dell’iceberg (il concerto) e di capire come funzionano le cose: quali sono i tempi, i meccanismi e i segreti di un tour.
Raramente storie di questo tipo finiscono sui giornali. Un po’ per ragioni di privacy. Un po’ perché le riviste più “serie” tendono a limitare la loro attenzione all’aspetto artistico, cioè il concerto, mentre i seguaci dell’etica da “tabloid” ragionano solo sui pettegolezzi, puntando dritto ed esclusivamente al “sesso, droga & rock’n’roll”.
E’ un peccato. L'inside tour watching potrebbe diventare una forma di approfondimento particolarmente adatta a Internet, dove non ci sono problemi di spazio e i fan sono sempre affamati di notizie e curiosità a proposito dei loro artisti favoriti. Racconti del genere, assieme a qualche foto, potrebbero arricchire i siti ufficiali delle band, magari serviti sotto forma di blog, senza una necessaria cadenza regolare e un eccessivo sforzo (qualche gruppo si è già attivato in questa direzione, vedi gli stessi Subsonica con il diario di bordo).
Piccola domanda: perché un artista dovrebbe sforzarsi dietro qualcosa del genere? Chi glielo fa fare?
Piccola risposta: perché nel caotico contesto di oggi, dove omologazione e proliferazione di cloni rendono la fruizione musicale sempre più dispersiva e spersonalizzata, coltivare il rapporto con i propri fan assume un ruolo sempre più determinante per le sorti di una band. E un racconto "informale" del tour e dei suoi dietro le quinte potrebbe essere uno strumento particolarmente simpatico ed efficace per rafforzare questo rapporto.