giovedì, dicembre 22, 2005

Meglio non diventare nemici di Google

Visto che ormai tutti hanno qualcosa da ridire su Google, mi unisco anch'io al coro, gettando una piccola pietra nello stagno. Prendo spunto dal messaggio Banned by Google, nel quale un imprenditore denuncia Mountain View di operare una sorta di boicottaggio tecnologico per impedirgli di sviluppare un sistema di ricerca migliore. Nel caso specifico si tratta di questioni legate alla concorrenza e al tentativo di Google (secondo l'accusa) di impedire la nascita di potenziali rivali.
Ma la notizia e il titolo del messaggio lasciano aperte altre prospettive discretamente inquietanti. Per esempio: cosa succederebbe se da un giorno all'altro Google decidesse di eliminare alcuni siti dalle risposte del suo motore di ricerca?


Oggi Google mantiene una forte leadership nel settore. Secondo alcune stime, più o meno il 60% delle ricerche online viene condotto sui suoi vari siti. Per molti utenti, rappresenta praticamente il cancello d'ingresso a Internet.
Essere "eliminati" dai suoi archivi vorrebbe praticamente dire scomparire per il 60% della popolazione. Il tuo sito rimarrebbe online, ma diventerebbe immediatamente meno rintracciabile.
Faccio un esempio concreto. Delle ultime 100 persone che hanno visitato questo blog, 19 arrivano da Google. E' un dato inferiore alla media, perchè c'è un articolo di La Stampa Web che in questo momento sta mandandomi molti visitatori. In genere, la percentuale di contatti provenienti da Google è molto più alta.
Mettiamo che adesso io scriva qualcosa che faccia arrabbiare qualche dirigente del motore di ricerca. E che questo affronto, o qualsiasi altra ragione, spinga quel dirigente a far sì che il mio sito scompaia dall'indice di ricerca. Improvvisamente, tutti quei 19 contatti verrebbero meno. E senza l'articolo di La Stampa Web, si tratterebbe di una percentuale considerevole dei visitatori del sito.


Ora proviamo ad applicare il discorso a un livello più alto. Che so, per esempio a un'azienda che ha aperto qualche servizio online e vuole essere facilmente reperibile. O a un negozio che ha allestito un sito con tutti i suoi indirizzi e le sue offerte. Senza una presenza su Google, l'azienda o il negozio perderebbero automaticamente un numero notevole di contatti. Fino a poco tempo fa, si diceva che per qualsiasi esercizio commerciale era necessario apparire su Internet, almeno con un sito-vetrinetta. Oggi è diverso. Bisogna essere su Google. E usare Google. Googlo, ergo sum.


E' ovvio che per ora si tratta di ragionamenti condotti su basi ipotetiche. Esistono molte alternative per scandagliare il Web (ogni tanto sul Pozzo di Cabal arrivano utenti portati da Yahoo o da Arianna). E nell'ottica di un motore di ricerca, limitare il proprio catalogo di siti indicizzati non sembra proprio l'idea più geniale.
Ma la situazione attuale non è destinata a rimanere eterna. Google sta lentamente cambiando, ne siamo tutti testimoni quotidiani. Sta diventando qualcosa di più complesso di un semplice motore di ricerca. Si sta trasformando in una sorta di interfaccia standard tra Internet e l'utente. Dalla stragrande maggioranza dei suoi utenti (il sottoscritto compreso) viene considerata come qualcosa che c'è e c'è sempre stata. Una rampa di lancio sicura. Una solida base. Quasi un servizio pubblico che "permette" ai cittadini di navigare sul Web.


Ed è proprio qui che in futuro potrebbe crearsi un corto circuito dagli effetti imprevedibili. Man mano che passa il tempo e che si solidifica l'abitudine, viene sempre più da pensare a Google come a un servizio pubblico. Universale. Infallibile. Invece, non bisogna dimenticare che - per quanto efficiente e generoso (tutti i suoi servizi all'utente sono gratuiti) - Google rimane essenzialmente un'azienda privata quotata in Borsa. Con degli azionisti e con sempre maggiori interessi economici e strategici in ballo, come dimostra la recente acquisizione del 5% di Time Warner. E' un'impresa. E come tutte le imprese - prima o poi - potrebbe essere spinta a fare delle scelte anche drastiche e a gestire in maniera diversa i risultati del suo motore di ricerca, guardando più al Nasdaq che non al benessere dell'umanità.