venerdì, gennaio 21, 2005

Il Future Film Festival (2)

Secondo e ultimo aggiornamento dalla città rossa, nell'attesa di prendere il treno che mi riporterà a casa. Ieri è stata giornata ricca di proiezioni e di conferme sulle tendenze più attuali del cinema contemporaneo. Che si possono ridurre in due categorie, spesso coincidenti: Estremo Oriente e animazione.
Natural City è una specie di Blade Runner coreano, nel quale vengono rimessi in gioco tutti gli elementi famoso e indimenticato film di Ridley Scott. Ci sono gli androidi che scadono, l'umano innamorato di una androide, la città fetida e piovosa, le macchine volanti, le sparatorie con i colpi che illuminano le tenebre, ecc. ecc. ecc. In più, visto che siamo nel 2005, c'è anche un pizzico di arti marziali. Non proprio il massimo dell'originalità, insomma, però una visione in fondo piacevole, segnata da quella propensione verso la tragedia che sembra ammantare tutto il cinema popolare d'Oriente.
Steamboy segna il ritorno di Katsuhiro Otomo, dopo i lontani fasti di Akira. Un bell'esempio di steampunk, ovvero fantascienza del vapore, ambientata nell'Inghilterra vittoriana della Grande Esposizione del 1866. Macchine incredibili (tutte a vapore), immaginazione sguinzagliata senza alcun limite, esplosivi segni di devastazione sulle rive del Tamigi (adieu, Tower Bridge). Anche qui, piacevolezza di fondo con qualche ombra (gli akiriani rimarranno abbastanza delusi).
Last but first, Strings. Una favola mitologica scandinava, dove i personaggi sono marionette di legno. La conferma che per rispondere in maniera stuzzicante all'onda orientale non serve necessariamente scimmiottare La tigre e il dragone o farcire ogni film (anche le commedie romantiche) con combattimenti di kung fu.
Il treno fischia. E' ora di salutare Bologna (e le simpatiche persone che ieri mi hanno offerto il pranzo. Niente tortellini, ma una favolosa pasta con sugo di salsiccia e patate al forno...)