Fiat Lux. Elena Colombi accende il festival e la città.
In quel flipper schizofrenico che sta diventando la realtà, può succedere di trovarsi immersi in un festival aperto e cosmopolita – sopra e sotto il palco – proprio mentre il resto del tuo mondo è ossessionato da ponti levatoi: chiudiamo l'Italia, chiudiamo il Piemonte, chiudiamo Torino e chiudiamoci noi stessi in gabbie trasparenti di depresso narcisismo digitale. Inevitabile che il festival in questione – pur presentando un'estetica ben lontana da qualsiasi mitologia partigiana – diventi automaticamente un simbolo di resistenza che va ben oltre al discorso artistico e musicale.
Per me questo è stato il significato delle notti lingottiane di Club To Club, il festival di «avant pop» che si chiude oggi (domenica 4 novembre) con un frullato di sonorizzazioni, videogiochi giapponesi e banchetti di vinili tra Porta Palazzo e Venaria. Il sogno reale di una Torino che, dodici anni dopo la sbornia olimpica e in pericoloso bilico su un precipizio di cui non si vede ma si sente il fondo, riesce ancora a essere antenna culturale globale, attirando migliaia di spettatori dall'Europa e dal resto d'Italia, con una notevole presenza anche dei tanto vituperati milanesi.
Secondo il direttore artistico Sergio Ricciardone, Club To Club è un festival-boutique. Questa definizione provocherà non pochi brividi sulle spine dorsali più rock, un po' come quando offri un apericena a chi vorrebbe un piatto di spaghetti e un bicchiere di vino rosso. Ma persino nella boutique si possono accendere le luci della resistenza, soprattutto contro gli eccessi dell'abbondanza e del caos. A Club To Club gli artisti sono poche decine, suddivisi su due palchi, proposti in modo da riuscire a vedere quasi tutto: il festival sceglie e dietro alla selezione si riconoscono competenza e visione.
Ogni proposta rientra nel discorso generale: si spazia tanto ma senza disperdersi e, soprattutto, senza aver quasi mai l'impressione di trovarsi di fronte a un riempitivo. Per usare una formula orrendamente inflazionata, ma in questo caso puntuale, Club To Club è un luogo dove si va per vivere un'esperienza: più che il singolo concerto conta la playlist, che non è tuttavia un flusso infinito ma una mappa di alcuni tra i suoni più interessanti del nuovo millennio (l'elettronica è dominante ma non dominatrice).
Chi scrive, venerdì e sabato al Lingotto ha trovato tanti nuovi stimoli (soprattutto in area black: Obongjayar, Serpentwithfeet, Blood Orange), qualche stonatura (gli Iceage rimbombanti e fuori contesto, i Beach House sempre un po' «bravi ma basta»). Due parole in più sulla testa e sulla coda. Da un lato il dj set di benvenuto di Elena Colombi: la sala che si riempie, i beat che nascono ambient e decollano con l'umore, l'insostituibile ebbrezza del principio. Dall'altro Aphex Twin: impegnativa e cerebrale la musica, sbalorditivo il crescendo di gratificazione sensoriale. L'inspiegabile corto circuito dell'evento atteso da tutti eppure in fuga dai codici mainstream. Un Banksy per suono e laser.