sabato, febbraio 14, 2015

No Cities To Love (Sleater-Kinney)


Chitarre! C-h-i-t-a-r-r-e!! C-H-I-T-A-R-R-E!!! Dopo un mese di immersione in sonorità sperimentali soul, sperimentali rap, sperimentali metal, sperimentali psichedeliche, sperimentali disco, che bella cosa lasciarsi frullare da trentadue minuti di iperclassico rock chitarristico. Davvero iperclassico, roba già sentita un miliardo di volte negli anni belli della mia gioventù di ascoltatore. Diciamo: tra la fine dei '90 e l'inizio degli '00. Diciamo: tra grunge e indie. Ripetiamo: chitarre!!!!

Il riferimento spaziotemporale non è casuale: le Sleater-Kinney hanno vissuto la loro prima vita tra il 1994 e il 2006. Luogo d'origine: Olympia, una cinquantina di miglia navigabili dall'amata Seattle. No Cities To Love è un disco molto compatto: un riff dietro l'altro, tanta batteria, un po' meno basso (formalmente non c'è una Sleater-Kinney bassista). Dieci brani, tutti sotto i quattro minuti. Persino Fade, le cui aperture epico-stoner potevano liberare cavalcate sulla lunga distanza, si ferma a 3'38”.

Carrie Brownstein, Janet Weiss e Corin Tucker (fonte: Rolling Stone)
Articoli e recensioni ci illuminano sulla carriera delle tre fanciulle nel periodo di pausa della band. Si parla molto di Portlandia, la serie tv scritta e interpretata dalla chitarravoce Carrie Brownstein, ma anche delle collaborazioni della batterista Janet Weiss (dagli Shins a Stephen Malkmus) e della Corin Tucker Band pilotata dalla vocechitarra Corin Tucker. Interessante è il percorso di riavvicinamento delle tre: Brownstein e Weiss mettono su il progetto Wild Flag, Corin Tucker fa un cammeo in Portlandia, tutte salgono sul palco dei Pearl Jam nel 2013. Fino al 7” inserito a sorpresa nel cofanetto di ristampe dello scorso autunno: primo segno tangibile della reunion in corso.

Se i testi non sono l'elemento più eccitante dell'album, ci sono comunque un paio di versi che hanno fatto drizzare le mie antenne di critico spicciolo del consumismo 2.0: “We love our bargains/We love the prices so low/With the good job's gone/It's gonna be rough” (Price Tag). Un dito che gira nella piaghevole vita di noi topini, sempre pronti a seguire il richiamo low cost dei moderni pifferai di Amazon e Uber, senza preoccuparci troppo degli effetti del loro trionfo sulla società. Domanda vecchia come il luddismo: ok eliminare obsoleti posti di lavoro, ma se ne creeranno anche di nuovi? Veri posti di lavoro, si intende....

Parentesi rock autoctona: uscito dopo circa dieci anni di stop, Cattive abitudini è per me il miglior album dei Massimo Volume. Nelle reunion capita abbastanza di rado. A leggere il parere della critica online, forse è accaduto anche con l'album del ritorno delle Sleater-Kinney, che non pochi giudicano il migliore. Prima o poi dovrò trovare il tempo di recuperare il resto della loro discografia, intanto mi godo queste dieci canzoni. Caso più unico che raro negli anni '10: hanno tutte superato la prova iPod. Il che mi fa pensare – pur essendo solo a San Valentino e ben lontani da San Silvestro – che No Cities To Love potrebbe essere il mio primo serio candidato come miglior album del 2015. Ma permettetemi di ripetere: CHITARRE!

(ehm, non giudicate l'album da questo video) 




Canzoni preferite: No Anthems, Bury Our Friends, Fade



Bonus web tracks:


Il buffo video promozionale collettivo di No Cities To Love


La wonderful rock'n'roll band from the Great Pacific Northwest da David Letterman



In ascolto: Endkadenz vol.1 (Verdena)

Gli album della settimana del 2015:
1. Black Messiah (D'Angelo)
2. Run The Jewels 2 (Run The Jewels)
3. Soused (Scott Walker)
4. Panda Bear Meets The Grim Reaper (Panda Bear)
5. Girls In Peacetime Want To Dance (Belle & Sebastian)
6. No Cities To Love (Sleater-Kinney)