Un bel libro sull'altra generazione perduta, quella di un secolo fa (e sulla libreria parigina che ne fu magnete, Shakespeare and Company) |
Dall'editoriale di Francesco Cancellato, nuovo direttore del sito Linkiesta (30 novembre 2014):
Abbiamo di fronte una sfida bella e difficile. Quella di ridare, nel nostro piccolo, fiato e speranza ai nostri coetanei. Un corpo sociale paralizzato, persuaso ormai da sei anni consecutivi di recessione di essere la generazione perduta, quella che guadagnerà meno dei propri genitori, che ne dissiperà la ricchezza prodotta dal dopoguerra a oggi, che è meglio che non faccia figli, per non dar loro un futuro misero. Che scappa dall’Italia, se le va bene. Che si rifugia nella disillusione, nel disinteresse, nel non voto, se va male.
Da Wikipedia:
Generazione perduta (Lost Generation) è una definizione resa popolare dallo scrittore americano Ernest Hemingway nel suo primo romanzo Fiesta. Il termine è usato per riferirsi alla generazione, in realtà un gruppo, che raggiunse la maggiore età durante la prima guerra mondiale. In quel volume Hemingway attribuisce la frase a Gertrude Stein, che allora era sua mentore e mecenate. (...) Le figure che s'identificano con la Lost Generation includono autori e poeti come Hemingway, F. Scott Fitzgerald, John Steinbeck, T. S. Eliot, John Dos Passos, Waldo Peirce, Isadora Duncan, Abraham Walkowitz, Alan Seeger, Erich Maria Remarque, Henry Miller, Ezra Pound e Sherwood Anderson.
Adesso bisogna solo scoprire - o essere - gli Hemingway, gli Scott Fitzgerald, gli Eliot e i Miller di questa generazione perduta.