lunedì, ottobre 06, 2014

Sotto assedio

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Il mese di settembre mi ha lasciato in eredità la solita domanda esistenzial-tecnologica da 5 centesimi:

È peggio ricevere un album indesiderato degli U2 su iTunes o trovarmi la timeline di Facebook intasata da decine di messaggi di persone che si lamentano di aver ricevuto un album degli U2 su iTunes?

Più che una domanda, diciamo che è un gattino fastidioso che si morde la coda. Tipico della condizione dell'uomo contemporaneo iperconnesso: quello che a colpi di smartphone, sms e notifiche sta scivolando sempre più in una condizione di assedio infinito, circondato dall'esercito degli indesiderata.

Da un lato, a premere sono le ragioni del commercio. In un'epoca in cui diminuiscono le transazioni economiche tradizionali e si dilata la concorrenza globale, i manuali insegnano che la sopravvivenza sta nell'invadere la sfera d'attenzione delle persone. E allora via con i bombardamenti di mass-marketing come quello degli U2 (e noi ingenuotti che ci lamentavamo del guerrilla marketing...)

Dall'altro, ci sono le ragioni social. Nel piccolo delle nostre bacheche, noi seguiamo la stessa strategia. Utilizziamo strumenti di comunicazione “orizzontale” che fondamentalmente si impongono sul prossimo. Invadono il suo schermo. Le modalità sono diverse da quella adottata dagli U2 per la distribuzione di Songs of Innocence, ma gli effetti sulla nostra salute mentale - soprattutto a causa dell'espansione incontrollata dei network e degli ego sociali - possono essere persino più seccanti. 

C'è stato un momento in cui si brindava a Internet come liberatrice dal regime della verticalità: da passivo destinatario di contenuti piovuti dall'alto, l'utente diventava attivo esploratore. A lui veniva fatto dono della possibilità di scelta, lui diventava unico responsabile dei propri consumi. In parte, è ancora così. Ma negli ultimi dieci anni sono cambiate molte cose. Seducente come un like, il 2.0 ha sviluppato un sistema tecnologico in cui i contenuti non ci cadono più addosso come gocce di pioggia, ma ci vengono iniettati direttamente nella corteccia nervosa-digitale. Da centinaia/migliaia/milioni di piccoli aghi con un solo obiettivo: strapparci 15 secondi di personalissima popolarità. 

Non è un discorso solo digitale. Non hai nemmeno il tempo di spegnere il pc, che al telefono è già partita la pesca a strascico dei call center: gestori di telefonia, luce, gas. Quando ci si lamenta della moderna perdita di privacy, spesso si immaginano scenari oscuri dove i cattivi sono governi, servizi segreti, grandi fratelli dittatori. Ma forse il vero effetto nocivo della perdita della privacy è l'aver concesso a chiunque di raggiungerci con le sue proposte commerciali, artistiche, esistenziali, 7 giorni su 7, 24 ore su 24, a Pinerolo come a Bali. Che sia Bono, la ragazza del call center con l'accento straniero o l'amico di Facebook che ogni mattina ce l'ha con qualcuno. E te lo dice.  

La nuova rivoluzione potrebbe partire da qui: adottare tutti gli strumenti possibili per limitare la ricezione degli indesiderata, imparando a usare quelli già a nostra disposizione (per esempio nascosti nelle pieghe dei social network e delle caselle di posta elettronica) e chiedendone di nuovi. Altrimenti rischiamo che in futuro gli anni Dieci vengano ricordati come quel decennio in cui si passava gran parte del proprio tempo a svuotare l'email, leggere notizie fastidiose sulle timeline e consumare contenuti di scarso interesse.