martedì, ottobre 28, 2014

Se anche la pornografia diventa un monopolio

Fonte: Freaking Awesome

Una delle tendenze più evidenti di Internet è il ritorno/trionfo dei monopoli. Quasi tutti i settori della tecnologia sono dominati da un'unica azienda, che attira la maggioranza del pubblico, definisce le regole e i confini del gioco, impedisce (anche solo grazie alle sue dimensioni) l'ingresso in campo e la sopravvivenza dei competitors. Pensiamo a Facebook tra i social network, a YouTube nel videohosting, a Google tra i motori di ricerca, a WhatsApp nella messaggeria, al music store di iTunes nella decadente era degli MP3 e a quello che sta cercando di diventare Spotify nella rampante era dello streaming. E poi ancora a Netflix negli abbonamenti di streaming e serie tv, ad Amazon nell'e-commerce (e non solo), a eBay nelle aste online. Non si tratta quasi mai di monopoli perfetti: qua e là si vedono tracce di concorrenza. Ma spesso si devono limitare all'occupazione di qualche nicchia. 

C'è un altro settore - al tempo stesso tabù e popolarissimo - dove si sta verificando questo fenomeno: la pornografia. Lo racconta molto bene David Auerbach in un articolo su Slate, di cui vi consiglio la lettura: Vampire Porn (è stato tradotto in italiano su Il Post: Il monopolio del porno online). È la storia della MindGeek, una società il cui nome non vi dirà molto, a differenza dei siti che controlla: YouPorn, RedTube, PornHub... 

I maggiori siti di proprietà di MindGeek (fonte Wikipedia)
L'articolo è molto interessante perché spiega come il controllo di alcuni tra i più popolari distributori di video hard online gratuiti abbia permesso a MindGeek di acquisire una posizione dominante nell'intera industria pornografica, anche offline (fino ad acquisire case di produzione e a stringere rapporti diretti con le pornostar). Al di là del lato pruriginoso della faccenda, che inevitabilmente emerge quando si parla di pornografia, il discorso è sempre lo stesso: sembra quasi che Internet e il mondo digitale - un po' per la natura e la novità del mezzo, un po' per la libertà permessa dalle zone d'ombra normative - favoriscano in automatico lo sviluppo di condizioni di monopolio e quasi-monopolio. 

Per qualcuno è un bene per la società. A me sembra che gli scricchiolii inizino a farsi sempre più rumorosi e inquietanti. A cominciare dal modo in cui questi nuovi monopoli - che si chiamino Amazon o MindGeek, Facebook o YouTube - ci stanno trasformando in adepti fedeli e consumatori soddisfatti: attraverso l'offerta di prodotti/servizi gratuiti (o a prezzi stracciati). A guardare il mondo nel 2014, complice anche la crisi economica e del lavoro, sembriamo tutti dei topini che - a cominciare dal sottoscritto - seguono in massa il richiamo dei moderni pifferai di Hamelin. Senza opporre alcun tipo di resistenza (nemmeno a livello di dubbio o riflessione) e avvitandoci in una sorta di circolo vizioso: se c'è la crisi, se abbiamo sempre meno soldi, saremo sempre più obbligati a cercare le offerte più vantaggiose. 

Negli ultimi anni sono state fatte molte letture del gratis e del suo significato per la società. Ne aggiungo una. Può darsi che sia la chiave dell'accettazione sociale, culturale, tecnologica (forse anche politica) dei monopoli. Sarà questa la configurazione del XXI secolo?