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Ho appena terminato Retromania di Simon Reynolds. Era da tempo che un libro non mi faceva innervosire così tanto, quindi penso che in linea di massima mi sia piaciuto. La considerazione più azzeccata, arriva al sestultimo paragrafo:
"In the analogue era, everyday life moved slowly (you had to wait for the news, and for new releases) but the culture as a whole felt like it was surging forward. In the digital present, everyday life consists of hyper-acceleration and near-instantaneity (downloading, web pages constantly being refreshed, the impatient skimming of text on screens), but on the macro-cultural level things feel static and stalled. We have this paradoxical combination of speed and standstill".
E' proprio così. Mi sorge però un dubbio: è realtà o percezione? Forse noi - ormai assuefatti al turboconsumo - vorremmo che ci fossero anche dei turbocambiamenti epocali. Vorremmo essere in grado di vederli, ancor prima che viverli. Ma se sono chiamati epocali, ci sarà una ragione. Forse non è vero che tutto è immobile, come sembra. Semplicemente, il movimento del nostro tempo, della società, della cultura, dell'arte, delle idee, sarà più agevolmente misurabile tra cinquanta, cento o duecento anni. I bit continuano e continueranno ad accelerare, loro sono fatti così. Ma il battito delle nostre ciglia, in fondo, rimane sempre lo stesso. Nel momento in cui ci sembra di essere fermi, ci stiamo forse muovendo?