venerdì, luglio 22, 2011

Cartoline da Lisbona.



1. Il momento turistico. 
La memoria restituisce un coloratissimo collage di frammenti. La scoperta dei palazzi ricoperti da murales sull'Avenida Pereira De Melo. La sconfinata apertura sul fiume Tago, che ti abbraccia la prima volta che entri in Praça do Comércio. L'estasi del corpo per i pastel de nata a Belem e quella per l'occhio nel fermarsi con il treno a Campolide, sotto il vecchio acquedotto, sentendosi protagonista di una Lisbon Story alla Wenders. Ma soprattutto c'è la lenta e tranquilla scalata della collina su cui sorge il Cristo-Rei, la statua che - come il Redentore sul Corcovado - domina Lisbona dalla sponda sud del Tago. Piccole case bianche, piccoli bar, piccoli sguardi animati degli abitanti del luogo. Fino a raggiungere la sommità e da lì, la cima della statua. Quasi al tramonto, con la vista che si apre sulla città vecchia, sul ponte del 25 Aprile (Golden Gate docet), su Belem, sull'oceano. Da un'altra prospettiva. Momento turistico, ma quasi senza altri turisti. Anche a luglio, Lisbona non è Parigi o Firenze. Hai molti metri quadrati a disposizione. 


2. Il libro
Treno di notte per Lisbona di Pascal Mercier. Scelta un po' banale, fin dal titolo, ma terribilmente azzeccata. Va benissimo anche se a Lisbona in realtà tu ci arrivi con un volo low cost. E su quel volo low cost, al momento del decollo per il viaggio di ritorno, fai in modo di leggere le ultime cinque pagine, mentre dal finestrino scorgi il serpente illuminato del ponte Vasco de Gama che sembra quasi volerti dare un ultimo e spettacolare addio (tutto molto romantico, ma anche piuttosto casuale: se l'aereo fosse partito all'ora prevista, ci sarebbe stato ancora il sole e quindi niente serpente illuminato... :o)).   


3. Il ristorante
Casa Chapitô. Questo invece è proprio il trionfo del caso. Ti trovi di fronte a un bivio, nell'Alfama. Una strada porta in alto, l'altra in basso. Sono entrambe battute uguali, quindi non puoi nemmeno calibrare la tua scelta sui consigli del poeta. Al massimo è lo stomaco a guidarti: è ora di pranzo. Prendi quella che va su. Trovi un ristorante. Ancora il caso ti guida verso un gruppo di tavoli. Conosci una persona. Inizi a chiacchierare, con tutta quella lieve naturalezza che fin dai tempi del liceo rende le vacanze così speciali. Quella persona, il giorno dopo, ti porta in un altro ristorante, che tu da solo non avresti mai trovato. Perché non è un semplice ristorante. E' una scuola di circo e arti dello spettacolo. Ed è nascosta. Per accedere devi passare da un negozio, in una viuzzina sotto il Castelo de São Jorge. Entri e la ragazza alla cassa ti indica una scala. Da lì, accedi al paradiso. Un cortile interno, una casa, una scala a chiocciola, un ambiente luminoso, una vista mozzafiato sui tetti vecchi della città e sul lato interno dell'estuario del Tago. Ero in una condizione di pace tale che non ho nemmeno avuto bisogno di divorare un capretto arrosto per placare la fame: sono bastati un'insalata di baccalà e gamberetti e, in chiusura, una specie di caffè ghiacciato alla cannella. Credo che in nessun altro posto mi sarei mai sognato di bere caffè ghiacciato alla cannella. Si chiama Casa Chapito, sopra c'è il link: se passate a Lisbona ed è una bella giornata, fateci un pensiero.

(foto di Antje Meyer)

4. La canzone
Il vostro iPod ha paura di volare? Il mio, sì. In aereo, sia all'andata che al ritorno, si è bloccato. Niente musica, sostituita da una serie di scatti a vuoto dell'hard disk. Evidentemente, anche i lettori MP3 soffrono di crisi di panico. Durante il volo d'andata, ignaro delle cause e della durata effimera del black out, sono stato lì lì per alzarmi, andare dal comandante e ordinargli di tornare indietro. Con tutta la fatica che avevo fatto nel creare le playlist per il viaggio... stiamo scherzando? Per fortuna, già sull'aerobus verso il centro città il piccolo monolito nero è tornato a strimpellare allegramente. E la mattina successiva, al Miradouro da Senhora do Monte (forse il migliore belvedere della città, di certo uno dei più alti e impervi da raggiungere) ho potuto, finalmente, battezzare Ukulele Songs di Eddie Vedder. Come immaginavo, non è un album per tutti i luoghi e tutte le stagioni. Con tutta la simpatia possibile per Vedder, trentacinque minuti consecutivi di voce e ukulele probabilmente stenderebbero anche un hawaiano. Ma lassù, quando lo shuffle ha lanciato Without You, tutto era perfetto. E il bello è che anche quattro giorni dopo, spaparanzato sulla spiaggia di Meco, con ombrellone, succo di frutta, brezza dell'oceano sul volto e Settimana Enigmistica d'ordinanza, quando lo shuffle ha ripetuto lo scherzetto era di nuovo tutto perfetto. 


5. Il concerto.
Meco. Anzi, "MECO, SOL & ROCK'N'ROLL" come si legge sul braccialetto rosso che ancora per qualche minuto mi cinge il braccio. E' lo slogan del Super Bock Super Rock festival, tre giorni di musica, campeggio e sabbia in un'area selvaggia a quaranta chilometri da Lisbona e a una decina dall'oceano. Non è un segreto che l'abbia scelto per gli Arcade Fire e gli Arcade Fire mi hanno ricambiato con una performance immensa, dove la fiamma si è propagata ancora meglio grazie all'energia di un pubblico meraviglioso, che li aspettava dall'autunno scorso (quando un concerto a Lisbona venne annullato per ragioni di sicurezza, a causa di un summit Nato). Ma in fondo, dagli Arcade Fire non potevo aspettarmi niente di meno (il guaio semmai è che dalla prossima volta mi aspetterò già qualcosa di più...). Così come era facile prevedere la magica performance dei Portishead. La vera sorpresa sono stati gli Arctic Monkeys. Finalmente liberi dall'hype internettiano e giovanile, forse oggi addirittura un po' dimenticati dal grande pubblico sempre in cerca di una next big thing, i ragazzi di Sheffield sono stati il vero detonatore del festival. Scaletta perfetta, ritmi indiavolati, il miglior britpop fuoriuscito dagli anni zero. Anche in Portogallo c'è l'abitudine di puntare i telefonini sul palco. YouTube esonda di video. Questo dà una buona idea della bolgia...



Ma la chiusura, non può che spettare a loro. Di nuovo, guardate il pubblico.