giovedì, febbraio 10, 2011

In una galassia nemmeno tanto lontana, più o meno venticinque secoli fa.


Qualche giorno fa sono incappato in questa insolita abitudine "fiscale", in uso nell'Antica Grecia:

"... il pagamento di un'imposta diretta era considerato incompatibile con la dignità e i diritti del cittadino, mentre era normale che lo pagasse uno straniero ammesso a risiedere sul suolo di altre comunità per i suoi interessi o per il suo piacere. (...) Il cittadino abbiente, pur essendo esente dalle imposte, in età classica poteva essere obbligato ad assumersi funzioni di interesse pubblico, ritenute proporzionate ai suoi mezzi, e tali funzioni gravavano sul suo patrimonio, allo stesso modo come doveva provvedersi il cavallo e le armi, nonché il mantenimento, per il suo servizio militare. Questi obblighi venivano genericamente chiamati liturgie, delle quali, la più importante, almeno per Atene e la sua potenza militare, era la trierarchia, cioè l'obbligo di assumersi la spesa di costruzione e armamento di una trireme, nonché il soldo e il mantenimento dell'equipaggio. (...)
Dopo la trierarchia, la liturgia più gravosa era quella di provvedere all'allestimento di spettacoli, allestimento che consisteva, come è noto, essenzialmente nel coro, e che per questa parte si chiamava coregia. Altre spese che un cittadino ateniese poteva assumersi obbligatoriamente, a titolo di liturgia, erano la ginnasiarchia, che, in età classica, era soltanto l'assunzione delle spese relative al mantenimento di un ginnasio di proprietà della città; inoltre vi era l'architeoria, cioè l'incarico di dirigere, organizzare e spesare la rappresentanza della delegazione della propria città ai festeggiamenti ordinari o straordinari di un'altra città; l'estiasi, cioè l'assunzione delle spese di un banchetto pubblico; le spese per feste navali come le regate che si facevano ogni anno a Capo Sunio e altre minori liturgie che potevano essere imposte ai cittadini più ricchi per sollevare dalla spesa il bilancio della città e per dare, in compenso, al cittadino colpito dall'onere della liturgia un'occasione per rendersi popolare, autorevole e rispettato".
(da La Storia. Enciclopedia "La Biblioteca di Repubblica", vol. 2. La Grecia e il mondo ellenistico)

Quindi, mi pare di capire, i ricchi cittadini non pagavano le tasse comunali come le intendiamo noi oggi. Erano però in un certo senso obbligati a forme di mecenatismo in favore della cultura, dello spettacolo, dell'attività sportiva e della difesa di Atene. Un'idea quasi illuministica del contributo fiscale: inteso come supporto diretto, immediato, anche riconoscibile, al miglioramento della vita della comunità (e non solo come pozzo nel quale si è obbligati a gettare soldi, senza sapere poi come verranno utilizzati...). Le tasse anonime, brutte e cattive, invece, in una sorta di protoleghismo, le pagavano solo gli stranieri. Più o meno, si era intorno al V secolo a.C.