(Moby: "Mmm, forse per ottenere il suono dell'arpa birmana funky avrei dovuto inserire il cavo LK546-Y nel connettore UJ7643 disattivando il modulo Light-UU-9 in fase 7bis", immagine tratta da www.nytimes.com)
Un altro bell'articolo sul New York Times. Un reportage sui musicisti che si sono costruiti uno studio casalingo, nel quale provano e registrano parte dei loro album. Ci sono Moby, Keren Ann, Adam Pierce dei Mice Parade, Aesop Rock, Mark Everett degli Eels.
Il discorso è semplice. Lo sviluppo delle tecnologie e il contemporaneo abbattimento dei costi rendono molto più conveniente allestire un tempietto di registrazione domestico che non spendere centinaia di dollari/euro all'ora in uno studio professionale. Certo, se poi si vuole inserire sull'album una sezione d'archi e non si vuole ricorrere ai campionamenti, allora bisogna per forza trasferirsi in una sala di grosse dimensioni. Ma per le parti di chitarra, basso, batteria, tastiere, sintetizzatori e per il cantato, quattro metri per quattro tra il letto e il tavolo della cucina sono più che sufficienti.
A me ha sempre affascinato l'idea del romanziere che si isola per scrivere il suo capolavoro. E per questo mi piace anche pensare al musicista che di notte, nella tranquillità del suo studio domestico, inventa - sperimenta - registra - crea.
Molto intelligente, la chiusura dell'articolo:
"C'è una certa simmetria nel fatto che la musica proveniente dalle registrazioni casalinghe è sempre più spesso ascoltata da una singola persona, tramite le cuffie di un lettore musicale portatile come l'iPod. I suoni che i musicisti hanno creato nella solitudine della loro casa raggiungo una sfera parimenti privata".
E' una comunicazione musicale punto-a-punto, che potrebbe cementare sempre di più il rapporto tra l'artista e l'ascoltatore, veri protagonisti-complici-alleati nella turbolenta musicosfera.