Nella serata delle canzoni innocenti e degli orologi intelligenti, Apple ha mandato in pensione un pezzo della sua e della mia seconda giovinezza: l'iPod Classic. L'ultimo erede della prima storica generazione di iPod (senza touchscreen, senza apps, ma con tanta musica e una rotella per comandarla) è stato tolto dal commercio. La parola iPod non è scomparsa dall'Apple Store: ci sono ancora i touch, i nano, gli shuffle. Ma non è la stessa cosa.
Il tuffo al cuore è di quelli silenziosi e profondi. L'iPod classico è stato ciò che ha davvero cambiato l'esperienza musicale del terzo millennio, aiutandoti a razionalizzare, gestire e amare – per di più, con parecchio stile – quelle gigantesche collezioni improvvisamente materializzate dalla bacchetta magica del filesharing (o, per chi ha seguito la retta via, dell'iTunes Music Store). Chi scrive ne ha posseduti due: uno nero da 30GB acquistato durante una rocambolesca trasferta a New York a gennaio del 2006, l'altro sempre nero, ma da 160GB, molto più recente. E si spera, eterno.
Nei confronti dell'iPod, la Apple dovrebbe provare una gratitudine infinita. Prima dei trionfali anni dell'iPhone e dell'iPad, è stato proprio il lettore musicale a far risorgere l'azienda di Cupertino e a renderla - per la prima volta nella sua storia - globally cool. Nel 1997, suonavano le campane, si recitavano i de profundis e si implorava il ritorno del baron samedi Steve Jobs. Nel 2001, appena quattro anni dopo, si passava a tutta un'altra musica. iPod come simbolo del rilancio della mela morsicata. E forse anche, almeno simbolicamente, di un'altra mela martoriata: il primo modello venne presentato a ottobre 2001, quando ancora la polvere dell'occidente volteggiava su ground zero a New York.
Ma bisogna anche capirla, la Apple. Come mostra il grafico sotto, tratto da Wikipedia e aggiornato a fine 2013, è da diversi anni che le vendite complessive degli iPod diminuiscono, trimestre dopo trimestre. Il contesto sociale/tecnologico è (di nuovo) cambiato a una velocità supersonica, con il decisivo contributo della stessa bulimia innovativa della Apple stevejobsiana. Da un punto di vista mass-commerciale, l'iPod - e in particolare l'iPod Classic, ostinatamente privo di wi-fi, funzioni social e altri fronzoli extramusicali - oggi non ha più molto senso, soprattutto per chi nei suoi business plan non prevede più la parola "nicchia": è un oggetto vintage, per nostalgici, la versione digitale del vinile (ma senza l'inerzia positiva che sta vivendo il vinile).
Gli iPod Classic si riempivano, si riempiono e si riempiranno (il mio è eterno, ricordate?) essenzialmente con canzoni scaricate da Internet. Il download: roba da preistoria nel decennio dello streaming, degli smartphone, della musica consumata in tempo reale e in cataloghi infiniti su YouTube o Spotify. Quella stagione è ormai conclusa: persino il P2P arranca, gli MP3 non si moltiplicano più come una volta e iniziano a circolare statistiche che prevedono un crollo verticale della vendita di canzoni dall'iTunes Store nei prossimi cinque anni (notare la somiglianza di questa curva con quella dell'iPod). Cari U2, 500 milioni di account sono molti, ma la vostra mossa è innovativa più da un punto di vista di marketing che di tecnologia.
Ma non è solo una questione di streaming vs download. È proprio la musica ad aver perso un po' del suo appeal digitale, sorpassata e soppiantata da tutto ciò che si può fare e comunicare sui moderni device portatili. Basta guardarsi attorno: gli iPod (soprattutto i piccoli e deliziosi nano) e gli altri lettori MP3 trovano ancora un po' di spazio al parco e negli altri regni del jogging: sugli autobus, in metropolitana, in spiaggia, per strada, ovunque, dominano gli schermi degli smartphone, dei tablet. Forse si vedono persino più Kindle, in un beffardo colpo di coda della lettura. Anche il fattore coolness ormai è parecchio sbiadito. E la sacra regola degli Apple Store è chiara: o sei cool, o te ne vai.
Giocando a fare i piccoli indovini, in un futuro nemmeno così lontano potrebbe verificarsi anche l'evento più incredibile, inatteso, quasi una bestemmia per chi ha vissuto – l'altro ieri – gli anni d'oro delle cuffiette bianche: la rimozione della parola iPod dal vocabolario comune e quotidiano dell'umanità. Magari non accadrà in fretta, soprattutto finché resisteranno gli ultimi araldi nano e touch. Ma è probabile che le prime tracce della foschia dell'oblio siano già visibili tra i teenager: non mi sorprenderei se da quelle parti fosse già più conosciuta e usata la parola Shazam. Nulla di nuovo sotto il sole: quante volte avete sentito pronunciare (o avete pronunciato) “walkman” negli ultimi quindici anni?
Ma non preoccuparti, caro vecchio iPod. Qui si terrà duro. O no?